2021
L’ANTICO RITO DI OMNIS TERRA (17 gennaio 2021)
Alle ore 11:00 è stata celebrata la messa presieduta dall’arcivescovo Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia. Al termine della Solenne Celebrazione, animata dal coro della Basilica diretto dal prof. Nicola Costantini, è seguita la processione con il Volto Santo all’interno della basilica e la benedizione con il reliquario contenente la sacra immagine
Cari confratelli nel ministero sacerdotale,
Illustri rappresentanti delle autorità civili e militari,
Cari fratelli e sorelle nel Signore!
«Fissando lo sguardo su Gesù che passava, Giovanni Battista disse: “Ecco l’Agnello di Dio”». Così abbiamo ascoltato poc’anzi nel Vangelo. Qui, insieme all’Evangelista Giovanni, queste stesse parole le possiamo pronunciare ogni giorno, guardando nel Volto Santo il volto di Cristo.
Nel calendario liturgico, la domenica odierna è detta Omnis terra in base alle parole del testo latino del Salmo 65 che abbiamo ascoltato all’inizio di questa Messa: Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi! (“A te si prostri tutta la terra, o Dio. A te canti inni, canti al tuo nome”). Anche noi oggi ci siamo riuniti qui, nella Basilica papale del Volto Santo, per questa antichissima lode a Dio di tutta la terra.
Motivo di questa festa è la memoria di quando, in questa stessa domenica dell’anno 1208, papa Innocenzo III, con l’umiltà di un frate mendicante, dalla Basilica di San Pietro fece portare per la prima volta in processione questa vera immagine del Signore — che qui vediamo e veneriamo sopra l’altare maggiore — ai romani malati e ai pellegrini malati provenienti da tutta Europa ricoverati nel vicino ospedale di Santo Spirito. Il papa più potente e più consapevole del proprio potere di tutto il Medioevo, a piedi nudi, portava ai malati e ai moribondi l’immagine di Dio misericordioso!
Prima di allora questo prezioso velo era stato a lungo tenuto nascosto. Con quel gesto l’immagine rivide la luce e così per la prima volta fu pubblicamente conosciuta in tutta la Chiesa cattolica. Accadde in questa domenica d’inverno che già allora, nel gennaio del 1208, come oggi iniziava con le stesse parole del Salmo: Omnis terra.
Ma oggi, domenica 17 gennaio del 2021, va ricordato in particolare come papa Innocenzo III, insieme ai suoi canonici, non abbia portato il Volto Santo agli intellettuali e ai nobili della città, ma ai malati e ai poveri di Roma: oggi, quando l’espressione Omnis terra — tutta la terra — ha acquistato, forse come mai prima, un’attualità sconvolgente. Infatti, è tutta la terra all’improvviso a essere minacciata da un virus invisibile — tutti i continenti, tutte le etnie, tutte le nazioni e religioni — veramente tutti gli uomini della terra, giovani e vecchi! È tutta la terra improvvisamente a temere la malattia e la morte, dalla Terra del Fuoco a Vladivostok. Quando l’espressione Omnis terra è stata di più bruciante attualità?
Per questo, oggi, nonostante tutti gli ostacoli frapposti dal corona virus, era per me un sacro dovere e insieme una grande gioia venire da Roma qui, a Manoppello, dove, a causa della pandemia, al momento nessun pellegrino può più venire. Dovevo venire per portare il Volto Santo, almeno attraverso le immagini della televisione, a più malati e persone sole possibile!
Per questo ricordo ora con gratitudine anche la medesima giornata di cinque anni fa, quando padre Carmine Cucinelli invitò me e l’indimenticato arcivescovo libanese Edmund Farhat a celebrare, il 17 gennaio 2016, i Divini misteri nella chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma davanti a una copia del Volto Santo. Padre Carmine, infatti – che a quel tempo era Rettore della basilica di Manoppello – aveva pensato di introdurre, nell’“Anno Santo della Misericordia” indetto da Papa Francesco per il 2016, una terza festa annuale per la venerazione del Volto Santo. E a essa la domenica Omnis terra si addiceva perfettamente in memoria dell’antesignana e così lungimirante iniziativa di Innocenzo III del lontano 1208.
Ma ricordo anche come fosse ieri il privilegio che ebbi, il primo settembre 2006, di accompagnare qui Papa Benedetto XVI nel suo “pellegrinaggio”; allorché, nonostante alcune opposizioni, decise di visitare e venerare — primo Papa dopo più di 400 anni — il Volto Santo di Manoppello poco prima della visita alla sua patria bavarese. E oggi mi sembra quasi una coincidenza provvidenziale che all’epoca egli abbia scelto il medesimo passo del Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, per esprimere davanti ai fedeli qui radunati intorno al Volto Santo i suoi pensieri su quel momento della storia con queste parole:
«Mentre poc’anzi sostavo in preghiera, pensavo ai primi due Apostoli, che, sollecitati da Giovanni Battista, seguirono Gesù presso il fiume Giordano […]. L’evangelista narra che Gesù si voltò e domandò loro: “Che cercate?”. Essi risposero: “Rabbi, dove abiti?”. Ed egli disse: “Venite e vedrete”. Quel giorno i due che Lo seguirono fecero un’esperienza indimenticabile, che li portò a dire: “Abbiamo trovato il Messia”. Colui che poche ore prima consideravano un semplice “rabbi”, aveva acquistato un’identità ben precisa, quella del Cristo atteso da secoli. Ma, in realtà, quanta strada avevano ancora davanti a loro quei discepoli! Non potevano nemmeno immaginare quanto il mistero di Gesù di Nazaret potesse essere profondo; quanto il suo “volto” potesse rivelarsi insondabile, imperscrutabile. Tanto che, dopo aver vissuto insieme tre anni, Filippo, uno di loro, si sentirà dire nell’Ultima Cena: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?”. Parole seguite da quelle che esprimono tutta la novità della rivelazione di Gesù: “Chi ha visto me ha visto il Padre”». Così Benedetto XVI il primo settembre 2006.
Se prendiamo con assoluta serietà questa parola del Signore, vediamo il Padre anche qui — dove il Figlio ci rivela per sempre la sua natura e dove vediamo che egli vive come Salvatore e Redentore.
Papa Benedetto non venne qui a Manoppello scalzo, come Innocenzo III, ma in elicottero da Castel Gandolfo su invito dell’arcivescovo Bruno Forte. Ricordo ancora molto vividamente ogni istante di quell’incontro; come anche il 15 maggio 2009, quando Benedetto visitò il Santo Sepolcro a Gerusalemme, dal quale provengono tanto il velo del Volto Santo quanto la Sindone torinese come messaggio incomparabile della Risurrezione di Cristo dai morti. Non potrebbe essere altrimenti.
Dopo la sensazionale visita di papa Paolo VI il 4 gennaio 1964, il sepolcro vuoto di Cristo a Gerusalemme fu visitato anche da Giovanni Paolo II nel marzo del 2000 e da Papa Francesco nel maggio del 2014.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI a Manoppello il primo settembre 2006, invece, fino a oggi è paragonabile solo con la processione con cui più di 800 anni fa Papa Innocenzo fece conoscere alla cristianità dell’Occidente la “vera icona” che la tradizione popolare chiama anche “Veronica”. Ma il primo settembre 2006 Papa Benedetto ha riportato di nuovo nella Chiesa e in tutta la terra il “volto di Dio umano” e personale. Venne completamente solo e non con il seguito dei suoi consiglieri o dei canonici di San Pietro. E, com’e sua abitudine, venne un po’ timido e riservato, e solo per contemplare e pregare. All’epoca una celebrazione eucaristica o una benedizione pubblica con il Volto Santo non era ancora immaginabile. E tuttavia, dopo di lui, sono venuti qui migliaia di pellegrini che, seguendo Benedetto, hanno portato in tutto il mondo le parole del Vangelo di Giovanni: “Venite e vedete!”.
Fu un evento che rimarrà indelebile nella storia della Chiesa. Per questo, già il 3 novembre 2010 le autorità civili di Manoppello, presente l’arcivescovo Bruno Forte, consegnarono in Vaticano a Benedetto XVI le chiavi della città. Di questo vorrei ringraziarle ancora una volta di cuore, tanto quanto i Frati minori cappuccini e tutti i cittadini e le cittadine di Manoppello; ed esprimere oggi, ancora una volta, la mia personale e particolare gratitudine per il prezioso privilegio concessomi di potere celebrare qui, insieme a voi, la Santa Eucaristia per tutti i malati e sofferenti di tutta la terra sotto lo sguardo misericordioso di Cristo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!”.
Amen.
Brevi cenni storici
Papa Innocenzo III, nell’anno 1208, nella seconda domenica successiva all’Epifania – denominata di Omnis Terra ”, secondo le parole del Salmo 65 – “Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi!” (“A te acclami tutta la terra, a te canti inni, o Dio”) – istituì la processione in cui, accompagnato dai canonici di San Pietro, portava il simulacro del Volto Santo (la cosiddetta Veronica) nella vicina chiesa di Santo Spirito in Sassia. Qui il Papa benediva i malati dell’antico ospedale dei pellegrini, che lui stesso aveva fatto ricostruire e potenziare, dopo che erano andati in rovina gli originari edifici della Schola Saxonum, fondata nel 727 da Ina, re dei Sassoni occidentali dell’antica Britannia (Wessex). La denominazione della chiesa di S. Spirito richiama tuttora quel periodo mantenendo il riferimento a “Sassia” o “Saxia”
Ad Innocenzo III viene riconosciuto l’inizio del culto pubblico della Veronica.
Una trecentesca illustrazione contenuta nel “Liber Regulae Hospitalis Sancti Spiritus” (Regola dell’Ordine Ospitaliero di S. Spirito), mostra Innocenzo III con il velo della Veronica nella mano destra, con al di sotto il saio degli ospitalieri con la classica doppia croce, simbolo dell’ospedale di S. Spirito, mentre con l’altra mano il papa concede la Regola a Guido da Montepellier, che aveva chiamato a guidare il neo costituito ordine.
L’illustrazione documenta il Volto della Veronica com’era prima che scomparisse durante il Sacco di Roma (1527), ossia con gli occhi aperti, rispetto a immagini e copie con gli occhi chiusi, diffuse in tempi successivi al XVII secolo. Secondo alcuni studiosi il Volto Santo sarebbe stato posto in salvo a Manoppello.
Il rito di Omnis Terra si è ripetuto per diverso tempo, per poi cadere in disuso nel corso dei secoli.
Nel corso del Giubileo straordinario (Misericordiae Vultus) indetto da papa Francesco, il 16 gennaio 2016 – con un memorabile pellegrinaggio da Manoppello a Roma – è stata rievocata la processione da San Pietro a Santo Spirito in Sassia. Devoti da Manoppello e altre località, accompagnati dai canti del coro della basilica, hanno portato la replica del Volto Santo, racchiusa in antico ostensorio d’argento di inizio Novecento, alla basilica di Santo Spirito in Sassia, dove rimase esposta fino al giorno successivo.
Mons. Ganswein affermò: “Facciamo però memoria del fatto che qui 808 anni fa, per la prima volta, papa Innocenzo III fece portare in processione il Santo Sudario di Cristo da S. Pietro a S. Spirito. Si trattava di quel velo santo che ci mostra “il volto umano di Dio”, del quale papa Benedetto XVI non si è mai stancato di parlare; ovvero “il volto vivo della misericordia del Padre” al quale papa Francesco ha dedicato quest’Anno giubilare. Si tratta di una copia di quell’antico originale che papa Innocenzo III mostrava ai pellegrini e che da quattrocento anni è custodito in Abruzzo, sull’Adriatico, in una zona periferica dell’Italia, da dove oggi per la prima volta è stato riportato nel luogo in cui ebbe inizio il suo culto pubblico”.
A conclusione della sua omelia, mons. Ganswein ha sottolineato con emozione: “Il volto di Cristo è il primo, il più nobile e più prezioso tesoro dell’intera cristianità, di più: di tutta la terra. Omnis terra!
Per molti il pensiero di mons. Gänswein rifletterebbe quello di papa Benedetto XVI che rimase molto impressionato dalla visita nel Santuario del Volto Santo che elevò a basilica pochi giorni dopo.
Il rito è stato ripetuto negli anni successivi a Manoppello. Nel 2017 e 2018 a presiedere la celebrazione fu mons. Americo Ciani, canonico di San Pietro, nel 2019 furono presenti il cardinale Gerhard Ludwig Müller, insieme agli arcivescovi di San Francisco Salvatore J. Cordileone e della diocesi di Chieti-Vasto, Bruno Forte , mentre nel 2020 partecipò il cardinale svizzero Kurt Koch.
La rievocazione dell’antico rito in questi anni è stata l’occasione per autorevoli espressioni di cardinali e vescovi improntati al riconoscere la Veronica nel Volto Santo.
2020
Nuovo Rettore Volto Santo di Manoppello
Padre Antonio Gentili
Cari amici,
mentre mi accingo ad iniziare il servizio di Rettore nella Basilica Santuario del Volto Santo Di Manoppello, missione che mi è stata affidata dal Ministro Provinciale Fr. Matteo Siro e dal definitorio della nuova provincia Serafica dei Frati Minori Cappuccini Immacolata Concezione, desidero rivolgere un fraterno saluto a tutti coloro che formano una famiglia nel nome del Volto Santo di Gesù, facendo mie le parole di san Francesco, il Signore vi dia la Pace!
Proiettandomi nell’esperienza di Manoppello avverto la mente affollata e provocata da varie sensazioni: onore per l’incarico, gioia per la vicinanza del Volto Santo di Gesù, passione per la missione apostolica e spirituale, ansia per la sfida dell’Evangelizzazione, attesa del servizio ai pellegrini e devoti, consapevolezza della responsabilità.
Anche qui giungo con l’abito francescano del pellegrino. Un pellegrinaggio ideale, simbolico, che vuole ripercorre quello fatto dall’immagine del Volto Santo: da Gerusalemme verso Roma per poi arrivare a Manoppello.
Dopo la mia ordinazione sacerdotale, avvenuta il 14 luglio del 2018, sono stato vice parroco per due anni nella chiesa del Sacro Cuore Eucaristico nella città di Terni, mentre questa nuova obbedienza mi porta a compiere un passaggio straordinario che va dal cuore eucaristico al Volto Santo del Signore, ripensando a quanto affermò il salmista: “il tuo Volto Signore io cerco”.
Il mio servizio si pone in continuità con quello di tanti frati venerandi, che hanno guidato questo Santuario, diffuso e propagato il culto al volto Santo di Gesù. Ringrazio padre Carmine Cucinelli, insieme a tanti altri confratelli che non si sono risparmiati nel ministero pastorale e che hanno lasciato ai Manoppellesi e alla chiesa universale ricordi, ammirazione e testimonianza di vita santa. Penso al servo di Dio padre Domenico da Cese, definito, non a torto, “apostolo del Volto Santo”.
A tutti offro la mia disponibilità semplice e generosa, specie ai gruppi, ai movimenti e alle associazioni del Santuario del Volto santo, spero di condividere i doni spirituali e il carisma cappuccino, che la Chiesa riconosce e che chiede di rendere attuale ai nostri giorni.
Mi unisco “in corsa” al vostro cammino, in questo tempo difficile per i segni che sta lasciando la dolorosa esperienza della pandemia, ma anche bello ed entusiasmante, confidando nell’aiuto di Dio, della Vergine Maria. di san Francesco d’Assisi e nella collaborazione e benevolenza di ognuno.
Chiedo che invochiate la benedizione del Signore su di me, mentre io la invoco su tutti voi e sulle vostre famiglie. Il Signore ci renda santi.
2020
Preghiera in altre lingue. Coronavirus
file doc da scaricare
+ Bruno Forte
Archbishop of Chieti-Vasto
Volto Santo – Manoppello – Archdiocese of Chieti-Vasto
In Coronavirus time
Prayer to invoke liberation from evils
Lord Jesus, Saviour of the world,
hope that will never disappoint us,
have mercy on us and deliver us from all evil!
Please overcome the scourge
of this virus, which is spreading,
heal the sick, preserve the healthy,
support those who work for the health of all.
Show us your face of mercy
and save us in your great love.
We ask you through the intercession
of Mary, Your Mother and ours,
who faithfully accompanies us.
You who live and reign
forever and ever.
Amen.
+ Bruno Forte
Archevȇque de Chieti-Vasto
Sainte Face – Manoppello – Archidiocése de Chieti-Vasto
En temps de Coronavirus
Prière pour invoquer la libération du mal
Seigneur Jésus, Sauveur du monde,
espérance qui ne déçoit jamais,
aie pitié de nous et libère-nous de tout mal!
Nous te prions de vaincre le fléau
de ce virus qui se propage,
de guérir les malades,
de préserver les personnes en bonne santé
et de soutenir ceux qui travaillent pour la santé de tous.
Montre-nous Ton Visage de miséricorde
et sauve-nous dans Ton grand amour.
Nous te le demandons, par l’intercession
de la Vierge Marie, Ta Mère et notre Mère,
qui nous accompagne avec fidélité.
Toi qui vis et règnes
pour les siècles des siècles.
Amen.
+ Bruno Forte
Arzobispo de Chieti-Vasto
Santo Rostro – Manoppello – Archidiócesis de Chieti-Vasto
En tiempo de Coronavirus
Oración para invocar la liberación de los males
Señor Jesús, Salvador del mundo,
esperanza que nunca nos decepcionará,
¡ten piedad de nosotros y libéranos de todo mal!
Te rogamos superar el flagelo
de este virus, que se está extendiendo,
curar a los enfermos, preservar a los sanos,
apoyar a los que trabajan por la salud de todos.
Muéstranos Tu Rostro de Misericordia
y sálvanos en Tu gran amor.
Te pedimos por la intercesión de María,
Madre Tuya y nuestra,
que nos acompaña fielmente.
Tú que vives y reinas
a través de los siglos.
Amén.
+ Bruno Forte
Arcebispo de Chieti-Vasto
Santo Rosto – Manoppello – Archidiócese de Chieti-Vasto
Na época do coronavírus
Oração para invocar a libertação dos males
Senhor Jesus,
Salvador do mundo,
esperança que não decepciona jamais,
tem piedade de nόs e livra-nos de todo mal!
Te pedimos de vencer o flagelo
deste vírus, que se difunde,
de curar os infermos, de preservas os sãos,
de sustentar os que trabalham pela saúde de todos.
Mostra-nos o Teu Rosto de misericόrdia
e salva-nos no Teu grande amor.
Isto Te pedimos por intercessão
de Maria, Tua mãe e nossa,
que nos acompanha com fidelidade.
Tu, que vives e reinais
pelos séculos dos séculos,
Amem.
+ Bruno Forte
Erzbischof von Chieti-Vasto
Heiliges Gesicht – Manoppello – Erzdiözese Chieti-Vasto
In der Zeit des Coronavirus
Gebet für die Befreiung vom Bösen
Herr Jesus, Retter der Welt,
Hoffnung, die uns nie enttäuschen wird,
erbarme dich unser und befreie uns von allem Bösen!
Wir bitten Dich: überwinde die Geißel
dieses Virus, das sich ausbreitet,
Kranke heile, Gesunde bewahre,
diejenigen unterstütze, die für die Gesundheit aller arbeiten.
Zeige uns Dein Gesicht der Barmherzigkeit
und rette uns in deiner großen Liebe.
Wir bitten Dich durch Fürsprache
von Maria, deiner und unserer Mutter,
die uns treu begleitet.
Du, der du lebst und regierst
von Ewigkeit zu Ewigkeit.
Amen!
+ Bruno Forte
Arhiepiscopul Chieti-Vasto
Fața Sfânta – Manoppello – Arhiepiscopia Chieti-Vasto
Pe timp de Coronavirus
Rugăciune pentru a invoca eliberarea de rele
Doamne Isuse,
Mântuitorul lumii,
speranţa că nu ne vei dezamăgi niciodată,
ai milă de noi şi eliberează-ne de tot răul!
Te rugăm să învingi
flagelul acestui virus,
care se tot răspandeşte,
să-i vindeci pe cei bolnavi, să ai grijă de cei sănătoşi,
şi să-i sprijini pe cei care lucrează pentru sănătatea tuturor.
Arată-ne faţa ta milostivă
Şi salvează-ne prin marea Ta iubire.
Cerem toate acestea prin mijlocirea fecioarei Maria,
Mama ta şi a noastră,
care ne însoţeşte cu fidelitate.
Tu care vietuieşti şi domneşti în toţi vecii vecilor.
Amin.
+ Bruno Forte
Arcybiskup Chieti-Vasto
Święta Twarz – Manoppello – Archidiecezja Chieti-Vasto
Modlitwa o uwolnienie od nieszczęść
w czasie Coronawirusa
Panie Jezu, Zbawicielu świata,
nadziejo, która nas nigdy nie zawiedzie,
zmiłuj się nad nami i wyzwól nas od wszelkiego zła!
Prosimy Ciebie o przezwyciężenie plagi
upowszechniającego się wirusa,
uzdrowienie chorych, ocalenie zdrowych,
wsparcie dla tego, kto działa dla zdrowia wszystkich.
Okaż nam Twoje miłosierne Oblicze
i wybaw nas w ogromie Twej miłości.
Błagamy Ciebie o to za wstawiennictwem Maryi,
Twojej i naszej Matki,
która nam wiernie towarzyszy.
Który żyjesz i królujesz
na wieki wieków.
Amen.
+ Bruno Forte
Archbishop of Chieti-Vasto
2020
OMNIS TERRA – SANTUARIO VOLTO SANTO MANOPPELLO, Mons. Americo Ciani
OMNIS TERRA – SANTUARIO VOLTO SANTO MANOPPELLO
15 Gennaio 2017
Mons. Americo Ciani, canonico della basilica di San Pietro in Vaticano.
Facciamo memoria dell’antichissima processione che volle il grande Pontefice Innocenzo III nel 1208, quando fece portare per la prima volta il Santo Sudario di Cristo dalla Basilica di San Pietro alla Chiesa di Santo Spirito in Sassia. Segnò l’anticipo degli Anni Santi, il primo voluto dal Papa Bonifacio VIII nel 1300. In quella memorabile occasione i numerosi fedeli potettero contemplare il Volto Santo impresso sul mandylion della Santa Veronica. La Santa Reliquia, custodita nella Patriarcale Basilica di San Pietro in Vaticano, scomparve nel 1527 con il Sacco di Roma.
Abbiamo ripetuto la stessa solenne processione con il Volto Santo, qui custodito a Manoppello, dalla Basilica di San Pietro in Vaticano fino alla Chiesa di Santo Spirito in Sassia, nel gennaio 2016, ove celebrammo la Santa Messa, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Georg Genswein e una seconda dall’Arcivescovo Mons. Edmund Farhat, da pochi giorni ci ha lasciato per il ritorno alla Casa del Padre.
Eccoci qui raccolti a contemplare il Volto di Dio, fattosi uomo nel Suo Figlio Gesù. Questa preziosa reliquia “il Volto umano di Dio” che dal 1636 è gelosamente custodita qui a Manoppello e venerata dal Papa Benedetto XVI il 1° settembre 2006, dopo ben 479 anni, egli si inginocchiò davanti a quello che era stato il tesoro più prezioso dei Papi. La Bolla di indizione del Giubileo straordinario, la “Misericordiae Vultus” inizia richiamando il Volto di Cristo: “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi”.
Dal primo capitolo del Vangelo di S. Giovanni: ” Nessuno ha mai visto Dio, il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Egli lo ha fatto conoscere”.
Sul volto di Cristo risplende la maestà di Dio, che a sua volta Dio si è mostrato sotto forma di un uomo.
Fissiamo, allora il nostro sguardo sul Volto del Figlio di Dio, fatto uomo.
L’immagine appartiene alla nostra quotidianità. Siamo immersi nella civiltà delle immagini, in privato e in pubblico, TV, cellulari, iPad, cinema, cineprese, macchine fotografiche ecc.
Con quanta cura esponiamo le foto delle persone care! Entriamo nelle stanze dei ragazzi, le pareti sono una esposizione di immagini di leaders, del mondo della moda, dello sport, dei cantanti ecc… Avanziamo silenziosi nei cimiteri, quante immagini a ricordo di persone care! La lista sarebbe troppo lunga, e non è il caso di dilungarci.
L’immagine più che la parola parla, infatti la parola passa ma l’immagine resta. La Chiesa oltre al linguaggio dello spazio, del gesto, della parola, del canto, ha utilizzato l’immagine, fin dall’inizio ha fatto tesoro delle immagini per comunicare, per evangelizzare, è ” la Biblia pauperum”.
La parola passa, l’immagine resta e può essere ammirata, contemplata da ciascuno e in momenti diversi. Parola e immagine dialogano nella Chiesa.
Siamo qui raccolti a contemplare questa Immagine, II Santo Volto, è il Volto di Dio morto e risorto, Gesù Cristo, Figlio di Dio, Lui stesso Dio.
La Sacra Bibbia, specialmente nei Salmi tocca il tema a noi, oggi, tanto caro: “II Volto di Dio”, la ricerca del Volto di Dio, il desiderio di vedere il Volto di Dio, e l’invocazione a vedere il Volto di Dio.
Dal salmo 126: Fiducia in Dio nei pericoli: “// mio cuore ripete i/ tuo invito: Cercate il mio volto! II tuo volto, Signore, io cerco. Signore, non nascondermi il tuo volto”.
Salmo 31,17: “Fa splendere il tuo volto sul tuo servo, salvami per la tua misericordia”
Salmo 88,15: “Perché, Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo volto?”.
Salmo 102,3: “Non nascondermi il tuo volto, nel giorno della mia angoscia piega verso di me l’orecchio. Quando ti invoco, presto, Signore, rispondimi”.
Salmo 105,34: “Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto”.
Salmo 119,135: “Fa splendere il volto sul tuo servo e insegnami i tuoi comandamenti”.
Noi viviamo in una società che ha smarrito il volto di Dio!
II problema, oggi che ci tormenta, è proprio la paura e il terrore!
Miei cari ci consoli questa sublime verità: “I! Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?”. II Salmo ci invita ad una speranza salda: “Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi i! tuo cuore e spera nel Signore”.
Noi tutti, piccoli e grandi, abbiamo bisogno di esorcizzare la paura, di allontanarla, di riuscire a controllarla e a vincerla.
Il Volto di Dio si è manifestato nel Volto di Suo Figlio Gesù Cristo, nato da Maria di Nazareth. Dio si è fatto uno di noi, è passato facendo del bene, ha donato sé stesso per noi e per i nostri peccati, e per fare di noi il suo popolo.
Sia vivo il nostro desiderio di vedere Gesù, come quei pagani che chiesero all’Apostolo Filippo: “Vogliamo vedere Gesù” e come Zaccheo, il pubblicano che ” voleva vedere chi era Gesù”, si arrampicò sull’albero, perché era piccolo di statura, proprio per vedere chi era Gesù. Gesù passò, alzò gli occhi e lo chiamò per nome: Zaccheo scendi, oggi sarò a casa tua. E da quell’incontro il miracolo della conversione di Zaccheo.
La nostra preghiera costante e l’impegno: “Voglio vedere il Tuo Volto”
La storia non è bloccata in un vicolo cieco, chiuso alla speranza. La nostra società è smarrita, soffre di incubi, perché ha smarrito “il Volto di Dio”. Non percepisce i passi di Dio nella storia.
Dio Padre ha mandato il Suo Figlio Gesù tra noi. Egli è la giovinezza e la freschezza della storia. Gesù è il Figlio di Dio, del Dio che è la gioia della nostra giovinezza. Da oltre duemila anni Dio mostra il Suo volto al mondo con l’Incarnazione di Suo Figlio, Gesù, dalla cui bellezza e ricchezza scaturisce per noi tutta la sicurezza, soprattutto per quanti di noi hanno bisogno di sicurezza: i poveri, i piccoli, gli oppressi, gli “ultimi”; perché Lui “giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi. Cosi l’umanità, avvolta dalla presenza di Cristo, può respirare a pieni polmoni.
A giudicare da come vanno le cose, oggi, vien da pensare che Cristo è piuttosto un sogno. Cristo ci rinnova e ci fa veri. Abbiamo bisogno di purezza e di purificazione. Gesù è venuto per accoglierci, per mettersi a nostra disposizione. Viene Gesù in noi e noi respiriamo libertà.
In Gesù sappiamo da dove veniamo, chi siamo, e dove siamo diretti: noi che lo possiamo accogliere, noi che lo abbiamo accolto, abbiamo il potere di diventare figli di Dio, siamo ” razza nuova’, creati da Dio e da Lui rigenerati in Cristo Signore, Sapienza dell’Altissimo, Parola di Dio, è “la Luce vera, quella che illumina ogni uomo”. È la Sapienza di Dio che si fa amore e l’amore si fa luce. Ecco la tragedia di ieri e di oggi: “…venne nel mondo ma il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua genie ma i suoi non lo hanno accolto”.
È la nostra lotta continua; è il groviglio nel quale ci troviamo ancora imbrogliati (‘fino a quando, Signore? Quando tornerai a liberarci definitivamente? Ripetiamo con fede: ” Vieni, Signore, non tardare oltre”. Oggi ci aggrappiamo a Gesù e domani gli sfuggiamo.
Abbiamo bisogno di entrare nel più vivo del mistero di Cristo.
Noi tutti, fragili e peccatori, possiamo tirare un bel respiro, liberante respiro, e magari un grido di libertà e di speranza. Schiavi del peccato, possiamo ribellarci al peccato: possiamo sconfiggerlo, giacché Gesù è venuto e rimarrà sempre con noi, Egli che “apre gli occhi ai ciechi, fa uscire dal carcere i prigionieri e dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”.
Quindi la santità è possibile, anche per coloro che dovessero risalire dal fondo, perché Gesù è venuto per ” beneficare e risanare tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo”. Già, stavamo sotto il potere del diavolo, ora non più; le catene si sono spezzate ai nostri piedi e possiamo camminare verso l’Alto.
Si riaccenda in noi la speranza, “Dio presto tornerà a mostrare il suo volto al mondo e a scuoterne le fondamenta con la sua voce onnipotente!”
Come l’Apostolo Giovanni che entrò nel Sepolcro dopo la Risurrezione, “vide e credette”, così avvenga per ciascuno di noi, oggi, vediamo e contempliamo il Volto di Dio e crediamo fermamente.
Padre Santo, accogli con benevolenza le nostre preghiere e guidaci alla ricerca del Tuo Volto, che hai rivelato in pienezza in Gesù, Tuo Figlio.
O Signore, fa brillare il Tuo Volto su di noi perché possiamo godere dei tuoi beni nella pace, siamo protetti dalla tua mano potente, liberati da ogni peccato con la forza del tuo braccio eccelso, e salvati da coloro che ci odiano ingiustamente.
Dona la concordia e la pace a noi e a tutti gli abitanti della terra, come le hai date ai nostri padri, quando ti invocavano piamente nella fede e nella verità tu solo, o Signore, puoi concederci questi benefici.
2020
IN GESÙ CRISTO, DIO HA RIVELATO IL SUO NOME E IL SUO VOLTO
Una persona con un nome e con un volto
Se si vuole conoscere una persona e soprattutto il suo mistero, è consigliabile conoscere il suo nome. Già un proverbio lo suggerisce: “Nomen est omen”. E ci fa capire che i nomi svolgono un ruolo importante nella vita di noi umani. Ancor prima che una persona nasca, i genitori pensano al nome che vogliono dare al neonato e alle prospettive di vita ad esso associate. Il nome ricevuto accompagna la persona per tutta la vita. La persona è chiamata con il suo nome, può essere identificata con il suo nome e deve firmare con il suo nome. Soprattutto, il nome permette alla persona di essere chiamata. Quando chiamiamo una persona con il suo nome, allacciamo una relazione personale con colui o colei che nominiamo. Il grande significato che riveste il nome nella vita di un individuo dimostra che il nome esprime l’essenza di una persona.
Naturalmente, con il solo nome non possiamo ancora conoscere a fondo il mistero di una persona. Il nome da solo rimane in qualche modo astratto, sospeso nell’aria, se non può essere associato a un volto preciso. “Nomen est omen”: questo detto inizia a parlare solo quando si incontra il volto che porta il nome. Ognuno ha un volto inconfondibile che esprime la sua originalità nel miglior senso della parola. Come un individuo può essere chiamato con il suo nome, così può essere visto con il suo volto e può instaurare una relazione molto personale con un altro individuo che gli mostra il proprio volto, in modo che sorga una vera comunicazione “faccia a faccia”.
Nome e volto fanno di un individuo una persona concreta. Il nome è una parola di relazione e mette in luce il fatto che una persona, sulla base del suo nome, può essere chiamata e può rivolgersi ad altre persone. Grazie al suo volto, può essere da altri guardata e può guardare altri e, quindi, trasmettere loro l´immagine già suggerita dalla lingua. Non è un caso che la parola ebraica che indica il volto, “paním”, sia stata tradotta con “prosopon” in greco e con “persona” in latino. Una persona, infatti, è caratterizzata dal fatto di avere un nome e un volto.
Se teniamo conto di questi legami e se consideriamo anche che il riconoscimento del mistero dell’essere umano come persona è stato possibile, nella storia, grazie allo sforzo cristiano di comprendere Dio come Trinità, allora ci avvicineremo anche al mistero più intimo della fede cristiana: la novità della rivelazione cristiana non consiste in una nuova idea religiosa o in una nuova decisione etica, ma in una persona. Nessuno è una persona più di quanto lo è Dio stesso, e noi esseri umani diventiamo sempre più persone man mano che approfondiamo la nostra relazione personale con lui e crediamo nella persona in cui Dio si è fatto da noi riconoscere in maniera definitiva, rivelandoci il suo nome e mostrandoci il suo volto, vale adire suo Figlio. Gesù Cristo ha reso il nome di Dio accessibile, ed è egli stesso il volto di Dio che a noi si rivolge.
Gesù Cristo come nome e volto di Dio
“Padre, ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo” (Gv 17, 6a). Con questa confessione nella sua preghiera sacerdotale, Gesù indica il fulcro della sua missione divina nel nostro mondo. Egli naturalmente presuppone che anche Dio, che chiama Padre e con il quale si trova faccia a faccia, abbia un nome. Che Dio abbia un nome è il fatto più evidente nell’immagine biblica di Dio. Il nome di Dio è certamente un’espressione del riconoscimento della natura di Dio, ma, innanzitutto, rende possibile chiamare Dio nella sua essenza. Come noi umani siamo chiamati con il nostro nome, così anche noi credenti possiamo invocare il nome di Dio.
Secondo la Scrittura, non siamo noi uomini a dare un nome a Dio, costringendolo così alla possibilità di essere chiamato. Piuttosto, Dio può essere chiamato solo perché si lascia chiamare; e il suo nome è noto a noi uomini solo perché Dio stesso ce lo ha fatto conoscere. La relazione personale tra noi e Dio, resa possibile dal suo nome, è quindi stabilita non da noi uomini, ma solo da Dio. Il nome di Dio è l’espressione del fatto biblico fondamentale che Dio si dà un nome e si rivela, così come Gesù riassume la sua missione nella rivelazione del nome di Dio che egli fa a noi uomini. Altrove, Gesù formula la sua preoccupazione principale e il suo obiettivo nella vita con la preghiera rivolta al Padre: “Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12, 28). Gesù si identifica così come il nuovo Mosè, colui che adempie la missione del primo Mosè, vale a dire l’annuncio del nome di Dio “Yahweh”, in un modo ancora più profondo.
Come Dio ci ha rivelato il suo nome in suo Figlio Gesù Cristo, così ci ha anche svelato di avere un volto, mostrandocelo nel Figlio, conformemente a quanto Gesù Cristo stesso testimonia: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14, 9). Con questa confessione, Gesù risponde alla richiesta insistente dell’apostolo Filippo di mostrare a lui e ai suoi compagni, gli altri apostoli, il Padre. Filippo esprime il desiderio originario dell’umanità di vedere il volto di Dio e di incontrarlo faccia a faccia. Questa richiesta attraversa già l’Antico Testamento come un filo rosso, come testimonia eloquentemente la preghiera di un perseguitato, nel Salmo 17: “Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine” (Salmo 17,15). Il salmo 24 ricorda che la ricerca del volto di Dio abbraccia tutta la vita: “Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe” (Salmo 24,6).
Il desiderio originario degli uomini, che è stato espresso con particolare incisività nell’Antico Testamento, ha trovato adempimento in Gesù Cristo. Gesù Cristo è il testimone autentico del fatto che Dio, per la fede cristiana, non è un Dio distante e non è neppure una semplice ipotesi filosofica sull’origine del cosmo, ma è un Dio che ci ha mostrato il suo vero volto, che ci ha donato così la sua parola definitiva, e che, con la sua parola d’amore piena e insuperabile, si è rivolto a noi, come ha riassunto in maniera pregnante San Giovanni della Croce riferendosi al fulcro della fede cristiana: “Perché nel donarci, come ci ha dato, il Figlio suo, che è una Parola sua e non ne ha un’altra, ci ha detto tutto ed in una volta sola in questa unica Parola, e non ha più niente da dire.”2 In realtà, non c’è più niente da dire, perché Dio, in Gesù Cristo, si è avvicinato a noi uomini il più possibile, rivelandoci il suo nome e mostrandoci il suo vero volto.
Ricercare per tutta la vita il volto “pieno di sangue e di ferite”
Alla luce dell’estrema serietà della rivelazione di Dio in Suo Figlio, l’ulteriore domanda che ci si presenta è: come appare precisamente il volto di Dio? Giovanni Battista ci fornisce la risposta cruciale nel Vangelo di oggi. Vedendo Gesù venire verso di lui, dice: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo” (Gv 1,19). Dio, in Gesù Cristo, ha il volto di un agnello. Questo volto di Dio deve farci riflettere; esso ci invita a soffermarci davanti a lui.
La prima volta che lo ascoltiamo, questo messaggio può forse sembrarci innocuo e persino un po’ romantico. Ma assume tutta la sua pregnanza se riflettiamo sul fatto che Cristo ha il volto di un agnello e non di un leone o di un lupo. Invece proprio come tale le persone lo aspettavano allora, e noi uomini speriamo ancora oggi che Dio usi il potere di un leone per scardinare il mondo e le sue strutture e per crearne uno nuovo. Ma Cristo non ha il volto di un leone. Piuttosto, sono i re del nostro mondo ad essersi ritratti ripetutamente con questa immagine per celebrare il loro potere in modo dimostrativo. Cristo non ha neppure il volto di una lupa, immagine usata dall’antica Roma per presentarsi come redentrice grazie al suo potere che dettava norme regolatrici. Giovanni Battista ci mostra che la redenzione non viene da animali grandi e potenti, ma dal fatto che Cristo è venuto a noi come un agnello, nella forza del suo amore indifeso.
Ecco il motivo più profondo per cui anche la croce fa parte del mistero di Gesù Cristo, e per cui, nel mondo, il volto di Cristo si presenta sempre anche come una “testa piena di sangue e di ferite”. Essere agnello e croce sono infatti inscindibilmente legati. Cristo è il buon pastore del suo popolo e la piena realizzazione di quella figura del servo al quale il profeta Isaia si riferisce, proprio perché è diventato agnello e si è schierato dalla parte degli agnelli torturati, per condividerne la sofferenza e per salvarli. Gesù ci ha redento offrendo la sua vita per amore. Il fulcro più profondo della missione di Gesù è infatti l’amore; pertanto, la sua missione può compiersi soltanto sulla croce, come testimonia l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).
Quando qui, nel santuario di Manoppello, guardiamo e veneriamo il “Volto Santo”, incontriamo il volto di un agnello indifeso e allo stesso tempo il volto pieno di sangue e di ferite, perché ci viene incontro il volto dell’amore sconfinato di Dio. Siamo invitati a venerare questa immagine e a cercare il volto di Dio, come Papa Benedetto XVI ha raccomandato durante il suo pellegrinaggio personale a Manoppello: “ricercare il volto di Gesù deve essere l’anelito di tutti noi cristiani; siamo infatti noi ‘la generazione’ che in questo tempo cerca il suo volto, il volto del ‘Dio di Giacobbe’”3. Papa Benedetto XVI ha pronunciato queste parole riferendosi al Salmo 105, che dice: “Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto” (Salmo 105,4).
Con la parola “sempre” siamo invitati a fare in modo che la nostra vita di cristiani s’imperni sul desiderio di ricercare in ogni tempo il volto del Signore nell’intimo della nostra esistenza, e sulla certezza che questo desiderio non sfocerà nel nulla, perché la fede cristiana ci trasmette il bellissimo messaggio secondo cui Dio ha un nome meraviglioso e un volto amorevole. Se cerchiamo e veneriamo il suo volto, allora tutta la nostra vita sarà sotto la benedizione di Dio, che consiste nella promessa del suo volto: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Num 6, 24-26). Questo splendore del volto di Dio è la benedizione di cui abbiamo bisogno e che chiediamo nella celebrazione dell’Eucaristia. Nell’Eucaristia, il Signore ci guarda con il suo volto di amore sconfinato e si dona a noi come pane di vita, che è nutrimento spirituale sulla via dell’eternità, in cui loderemo e adoreremo il volto di Dio, senza fine.
Prima lettura: Is 49, 3. 5-6
Seconda lettura: 1 Cor 1,1-3
Vangelo: Gv 1,29-34
2018
Aspetto del Volto Santo
Il Volto Santo è un velo tenue, cosicché un giornale posto dietro lo si può facilmente leggere anche ad una certa distanza.
I fili orizzontali del tessuto sono alquanto ondeggianti, il tessuto stesso è di semplice struttura, cosicché l’ordito e la trama si intrecciano nella forma più semplice come in una normale tessitura.
Le misure del panno sono 17 x 24 cm.
È l’immagine di un uomo con i capelli lunghi e la barba divisa a bande. Caso unico al mondo l’immagine è visibile identica da ambedue le parti.
Le tonalità del colore sono sul marrone, le labbra,leggermente colorate rosso chiaro, sembrano annullare ogni aspetto materiale.
Le pupille sono completamente aperte, ma in modo irregolare. Nel mezzo, sopra la fronte si trova un ciuffo di capelli, corti e mossi a mò di vortice.
2015
La visita di Benedetto XVI al Volto Santo di Manoppello
Eccellenza, Venerati Fratelli nell’Episcopato, cari fratelli e sorelle! Anzitutto devo ancora una volta dire un grazie dalla profondità del cuore per questa accoglienza, per le sue parole.
Eccellenza, così profonde, così amichevoli, per l’espressione della sua amicizia, della vostra amicizia, e per i doni di grandissimo significato: il Volto di Cristo qui venerato, per me, per la mia casa, e poi questi doni della vostra terra, che esprimono la bellezza e la bontà della terra, degli uomini che qui vivono e lavorano, e la bellezza e la bontà del Creatore stesso. Vorrei semplicemente ringraziare il Signore per l’odierno incontro, semplice e familiare, in un luogo dove possiamo meditare sul mistero dell’amore divino contemplando un’icona del Volto Santo.A voi tutti qui presenti va il mio grazie più sentito per la vostra cordiale accoglienza e per l’impegno e la discrezione con cui avete favorito questo mio privato pellegrinaggio. Saluto e ringrazio in particolare il vostro Arcivescovo che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Grazie per i doni che mi avete offerto e che apprezzo molto proprio nella loro qualità di “segni”, come li ha chiamati Mons. Forte. Sono segni, infatti, della comunione affettiva ed effettiva che lega il popolo di questa cara terra d’Abruzzo al Successore di Pietro. Un saluto speciale rivolgo a voi, sacerdoti, religiosi e religiose e seminaristi qui convenuti. Non essendo possibile incontrare l’intera Comunità diocesana, sono contento che a rappresentarla ci siate voi, persone già dedite al ministero presbiterale e alla vita consacrata o incamminate verso il sacerdozio. Persone che mi piace considerare innamorate di Cristo, attratte da Lui e impegnate a fare della propria esistenza una continua ricerca del suo Santo Volto. Un grato pensiero rivolgo infine alla comunità dei Padri Cappuccini, che ci ospita, e che da secoli si prende cura di questo santuario, meta di tanti pellegrini.
Mentre poc’anzi sostavo in preghiera, pensavo ai primi due Apostoli, che, sollecitati da Giovanni Battista, seguirono Gesù presso il fiume Giordano – come leggiamo all’inizio del Vangelo di Giovanni (Gv 1,35-37). L’evangelista narra che Gesù si voltò e domandò loro: “Che cercate?”. Essi risposero: “Rabbi, dove abiti?”. Ed egli: “Venite e vedrete” (Gv 1,38-39). Quel giorno stesso i due che Lo seguirono fecero un’esperienza indimenticabile, che li portò a dire: “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1,41). Colui che poche ore prima consideravano un semplice “rabbi”, aveva acquistato una identità ben precisa, quella del Cristo atteso da secoli. Ma, in realtà, quanta strada avevano ancora davanti a loro quei discepoli! Non potevano nemmeno immaginare quanto il mistero di Gesù di Nazaret potesse essere profondo; quanto il suo “volto” potesse rivelarsi insondabile, imperscrutabile. Tanto che, dopo aver vissuto insieme tre anni, Filippo, uno di loro, si sentirà dire nell’Ultima Cena: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?”. E poi quelle parole che esprimono tutta la novità della rivelazione di Gesù: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9). Solo dopo la sua passione, quando lo incontreranno risorto, quando lo Spirito illuminerà le loro menti e i loro cuori, gli Apostoli comprenderanno il significato delle parole che Gesù aveva detto, e Lo riconosceranno come il Figlio di Dio, il Messia promesso per la redenzione del mondo. Diventeranno allora suoi messaggeri infaticabili, testimoni coraggiosi sino al martirio.
“Chi ha visto me ha visto il Padre”. Sì, cari fratelli e sorelle, per “vedere Dio” bisogna conoscere Cristo e lasciarsi plasmare dal suo Spirito che guida i credenti “alla verità tutta intera” (Gv 16, 13). Chi incontra Gesù, chi si lascia da Lui attrarre ed è disposto a seguirlo sino al sacrificio della vita, sperimenta personalmente, come Egli ha fatto sulla croce, che solo il “chicco di grano” che cade nella terra e muore porta “molto frutto” (Gv 12,24). Questa è la via di Cristo, la via dell’amore totale che vince la morte: chi la percorre e “odia la sua vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna” (Gv 12, 25). Vive cioè in Dio già su questa terra, attratto e trasformato dal fulgore del suo volto. Questa è l’esperienza dei veri amici di Dio, i santi, che hanno riconosciuto e amato nei fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi, il volto di quel Dio a lungo contemplato con amore nella preghiera. Essi sono per noi incoraggianti esempi da imitare; ci assicurano che se percorriamo con fedeltà questa via, la via dell’amore, anche noi – come canta il Salmista – ci sazieremo della presenza di Dio (Sal 16[17],15).
“Jesu… quam bonus te quaerentibus! – Quanto sei buono, Gesù, per chi ti cerca!”: così avete cantato poco fa eseguendo l’antico inno “Jesu, dulcis memoria“, che qualcuno attribuisce a San Bernardo. E’ un inno che acquista singolare eloquenza in questo santuario dedicato al Volto Santo e che richiama alla mente il Salmo 23(24): “Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe” (v. 6). Ma quale è “la generazione” che cerca il volto di Dio, quale generazione è degna di “salire il monte del Signore”, di “stare nel suo luogo santo”? Spiega il salmista: sono coloro che hanno “mani innocenti e cuore puro”, che non pronunciano menzogna, che non giurano a danno del loro prossimo (vv. 3-4). Dunque, per entrare in comunione con Cristo e contemplarne il volto, per riconoscere il volto del Signore in quello dei fratelli e nelle vicende di ogni giorno, sono necessarie “mani innocenti e cuori puri”. Mani innocenti, cioè esistenze illuminate dalla verità dell’amore che vince l’indifferenza, il dubbio, la menzogna e l’egoismo; ed inoltre sono necessari cuori puri, cuori rapiti dalla bellezza divina, come dice la piccola Teresa di Lisieux nella sua preghiera al Volto Santo, cuori che portano impresso il volto di Cristo.
Cari sacerdoti, se resta impressa in voi, pastori del gregge di Cristo, la santità del suo Volto, non abbiate timore, anche i fedeli affidati alle vostre cure ne saranno contagiati e trasformati. E voi, seminaristi, che vi preparate ad essere guide responsabili del popolo cristiano, non lasciatevi attrarre da null’altro che da Gesù e dal desiderio di servire la sua Chiesa. Altrettanto vorrei dire a voi, religiosi e religiose, perché ogni vostra attività sia un visibile riflesso della bontà e della misericordia divina. “Il tuo volto, Signore, io cerco”: ricercare il volto di Gesù deve essere l’anelito di tutti noi cristiani; siamo infatti noi “la generazione” che in questo tempo cerca il suo volto, il volto del “Dio di Giacobbe”. Se perseveriamo nel cercare il volto del Signore, al termine del nostro pellegrinaggio terreno sarà Lui, Gesù, il nostro eterno gaudio, la nostra ricompensa e gloria per sempre: “Sis Jesu nostrum gaudium, / qui es futurus praemium: / sit nostra in te gloria, / per cuncta semper saecula”.
Questa è la certezza che ha animato i santi della vostra regione, tra i quali mi piace citare particolarmente Gabriele dell’Addolorata e Camillo de Lellis; a loro va il nostro ricordo riverente e la nostra preghiera. Ma un pensiero di speciale devozione rivolgiamo ora alla “Regina di tutti i santi”, la Vergine Maria, che voi venerate in diversi santuari e cappelle sparsi nelle valli e sui monti abruzzesi. La Madonna, nel cui volto più che in ogni altra creatura si scorgono i lineamenti del Verbo incarnato, vegli sulle famiglie e sulle parrocchie, sulle città e sulle nazioni del mondo intero. Ci aiuti la Madre del Creatore a rispettare anche la natura, grande dono di Dio che qui possiamo ammirare guardando le stupende montagne che ci circondano. Questo dono, però, è sempre più esposto a seri rischi di degrado ambientale e va pertanto difeso e tutelato. Si tratta di un’urgenza che, come notava il vostro Arcivescovo, è opportunamente posta in evidenza dalla Giornata di riflessione e di preghiera per la salvaguardia del creato, che proprio oggi viene celebrata dalla Chiesa in Italia.
Cari fratelli e sorelle, mentre ancora una volta vi ringrazio per la vostra presenza, su tutti voi e sui vostri cari invoco la benedizione di Dio con l’antica formula biblica: “Vi benedica il Signore e vi protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di voi e vi sia propizio. Il Signore rivolga su di voi il suo volto e vi conceda pace” (Nm 6, 24-26). Amen!
2015
Il Volto del Mistero
Perfettamente sovrapponibile alla Sindone, è anch’esso «testimonianza divina della Passione e Risurrezione di Gesù», dice il gesuita Pfeiffer, che l’ha studiato.
Da 400 anni, nel santuario abruzzese di Manoppello (in provincia di Pescara e nella diocesi di Chieti), si venera un velo sul quale è impresso il volto di Gesù Cristo, con gli occhi aperti e con i segni della passione. La tradizione popolare lo ha sempre considerato una reliquia, ma gli studi storLici non sono mai andati particolarmente a fondo, fino a quando non hanno cominciato a occuparsene il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Storia dell’arte nella Pontificia università gregoriana e uno dei massimi esperti mondiali d’iconografia cristiana, e suor Blandina Paschalis Schlömer. Quest’ultima ha riconosciuto nel volto di Manoppello la perfetta sovrapponibilità con il volto della Sindone, con la collaborazione del redentorista Andreas Resch che ha elaborato le immagini al computer.Padre Pfeiffer ha invece soprattutto verificato le compatibilità del Volto santo con le raffigurazioni di Cristo nell’arte del primo millennio.
- Padre Pfeiffer, lei ha innanzitutto approfondito le ricerche sulla Sindone, per poi giungere al velo di Manoppello. Che cosa ha scoperto lungo questo percorso?
«Sin dal VI secolo s’impose in Oriente un modello del quale l’esempio più antico è l’icona del Pantocràtore (l’”Onnipotente”, il “Signore del mondo”), conservata nel monastero di Santa Caterina sul monte Sinai, in Egitto. La spiegazione è legata alla comparsa e alla divulgazione delle immagini di Gesù ritenute di origine miracolosa, tutte e due su pezzi di stoffa: prima il Mandylion a Edessa, che dovrebbe essere il telo oggi noto come Sindone, e subito dopo quella di Camulia in Cappadocia, che probabilmente è il velo esposto a Manoppello. Lo stesso “tipo classico” è già presente nell’affresco raffigurante Cristo, della fine del IV secolo, che si trova sulla volta di un cubicolo della catacomba dei santi Pietro e Marcellino».
- C’è dunque una specie di “prototipo” che s’impone sulla scena figurativa cristiana?
«Di un prototipo al quale tutte le immagini di Cristo devono uniformarsi si parla sin dal VI-VII secolo, ma nei documenti non viene mai specificato se si tratti di Cristo stesso o della sua immagine. Anche un’immagine di Cristo che un pittore avrebbe realizzato nel tempo della sua vita terrena non poteva essere il prototipo di cui parlano i testi conciliari di Nicea II: ne danno conferma quasi tutte le leggende che parlano della realizzazione dei ritratti autentici di Gesù e che costituiscono una specie di teologia popolare».
- Studiando le opere artistiche, sia dell’Oriente sia dell’Occidente, quali influssi le sono specificamente balzati agli occhi?
«Il volto della Sindone sottolinea più la struttura ossea e rigida, quello di Manoppello appare più rotondo. Così tutti i mosaici del Cristo Pantocràtore, a Costantinopoli, in Grecia e in Sicilia, rappresentano il tipo che palesa principalmente la Sindone come modello. Le immagini di Cristo dell’arte fiamminga del Quattrocento sono invece piuttosto da mettere in rapporto con il Volto santo di Manoppello. Nel primo caso, i mosaicisti vengono nel XII secolo da Costantinopoli, dove hanno conosciuto il Mandylion, cioè la Sindone. Nel secondo caso, gli artisti hanno avuto piuttosto la conoscenza della Veronica romana, cioè del velo di Manoppello».
- Verso il 705, il Volto santo sarebbe sparito da Costantinopoli e sarebbe giunto a Roma durante il pontificato di Giovanni VII. Secondo la ricostruzione da lei realizzata, che cosa fece a quel punto il Papa?
«La mia ipotesi è che, per proteggerlo e sottrarlo dagli sguardi dell’autorità bizantina, il Volto santo venne posto sull’icona del Salvatore, chiamata sin dall’ottavo secolo l’Acheropita, che era custodita nel Sancta Sanctorum del Laterano. Lo documenta il fatto che sopra il volto si trova da secoli un velo dipinto, e soltanto questo volto sul velo è ancora riconoscibile. Poiché un tale procedimento è inusuale, è da supporre che il velo dipinto abbia dovuto sostituire un altro oggetto di stoffa. Non potrebbe essere stato questo oggetto nient’altro che il Volto santo di Manoppello, o meglio l’immagine di Camulia? Una volta fissato sopra un’icona e inserito sotto una maschera metallica, l’esile telo non si è più potuto vedere, e nello stesso tempo esso poteva essere venerato con un culto pubblico. Impossibile immaginare un nascondiglio migliore».
- Intorno al 1200, con il declino dell’Impero bizantino, il Papa si appropriò esplicitamente della reliquia, che cominciò a essere esposta in San Pietro e portata in processione per le vie di Roma. Per alcuni secoli la situazione rimase immutata, ma poi, agli inizi del XVII secolo, l’immagine del Vaticano cambiò aspetto: dai precedenti occhi aperti, venne rappresentata con gli occhi chiusi, mentre anche l’aspetto generale si era modificato. Come mai?
«Il furto da San Pietro del cosiddetto “velo della Veronica”, mai ammesso dal Vaticano, spinse Paolo V a far dipingere un nuovo Volto santo per poterne donare una copia alla regina polacca Maria Costanza. Ma questa nuova creazione fu un vero e proprio pasticcio, composto da un ricordo della Veronica, dalla sagoma del Mandylion che si conservava in questo tempo nella chiesa di San Silvestro a Roma e dalla conoscenza della Sindone di Torino attraverso una copia in misura originale che si trovava a Roma nella chiesa del Sudario. Oggi il quadro conservato nella basilica, secondo quanto mi ha descritto lo scomparso monsignor Paul Krieg del Capitolo di San Pietro, è una lastra d’oro sulla quale è fissato un velo consunto, coperto da un altro velo dove si può scorgere a stento la barba di Cristo».
- E come mai il Volto santo sarebbe giunto a Manoppello?
«Gli esatti passaggi dopo il furto romano non ci sono noti. Ma una Relatione historica, scritta dal cappuccino Donato da Bomba nel 1646, riferisce che un certo Donato Antonio De Fabritiis donò la reliquia – che aveva acquistato dalla moglie di un soldato finito in carcere a Chieti – ai frati cappuccini di Manoppello, che ormai da quasi quattro secoli custodiscono il velo, adesso perennemente esposto sull’altare maggiore del santuario».
- La sovrapposizione fra la Sindone di Torino e il velo di Manoppello mostra una perfetta compatibilità dei volti. Ma qual è, a suo parere, la ragione per cui Dio ha voluto lasciarci queste perenni immagini del suo Figlio prediletto, impresse sui due teli?
«Il motivo è che sono testimonianze divine della Passione e della Risurrezione corporale di Gesù Cristo e, attraverso esse, ci viene offerto un primo assaggio della sua gloria. Se cerchiamo d’individuare il momento in cui si sono realizzate le due immagini perfettamente sovrapponibili, ci resta solo quello in cui il corpo, dal quale le immagini provengono, è stato nel Sepolcro. Non vedo altra possibilità. Pertanto abbiamo due immagini autentiche di Gesù di Nazareth che testimoniano la sua presenza all’interno della tomba nella quale il suo corpo morto fu sepolto e dalla quale egli è risorto dopo tre giorni con il suo corpo glorioso».