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Omelia dell’arcivescovo Edmond H. Farhat

11 Marzo 2020
Omelia
0

Chiesa Santo Spirito in Sassia a Roma
17 gennaio 2016 –

Omelia dell’arcivescovo Edmond H. Farhat, nunzio apostolico emerito in Austria e Canonico di San Pietro

Abbiamo accompagnato con inni e canti, invocazioni e ringraziamenti, l’icona del santo Volto di Manoppello per venerarlo e, attraverso di esso, lodare il Signore Gesù Cristo per le sue meraviglie. È stata celebrata la santa Messa. Il popolo di Dio ha pregato, i sacerdoti e i ministri hanno offerto preghiere, suppliche e azioni di grazie.
Il Volto di Cristo, impresso sul velo di Veronica, conservatosi nel sudario di Manoppello, veneriamo in noi il Signore Dio di misericordia, salvatore del mondo.
Oggi fratelli e sorelle, proprio adesso, torniamo al tempio dello Santo Spirito per venerare il sacro volto e ciò che significa. Celebriamo l’Eucarestia, la santa liturgia, confessiamo i nostri peccati e annunciamo la buona novella.
La buona novella di oggi è l’invito alle nozze, alle nozze di Cana. Gesù era invitato, invitato da sua madre perché gli ospiti erano amici della mamma. Lei ha invitato suo figlio, a un certo punto ha detto: “Non hanno vino”. “La mia ora” rispose il figlio “non è ancora giunta. Fate quello che vi dirò” disse a mamma. Gesù obbediente a sua madre, ha salvato la faccia allo sposo e alla sua famiglia.
Era bella la festa e grande la gioia. Hanno bevuto e cantato. La festa si è trasformata in un’occasione unica. Fu l’occasione del primo segno della sua manifestazione, della manifestazione della sua divinità. Fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù perché i suoi credono in lui. Anzi, è il primo segno che rivela la sua personalità. È venuto perché abbiano la vita, e la abbiano in abbondanza. A Cana Gesù ha manifestato la sua autorità. “Riempite le anfore” e le riempirono. Cana fu in assoluto il primo segno dell’autorità divina di Gesù, quest’autorità che andrà sviluppandosi durante la sua missione fino a trasparire nella passione e una vera icona, viva, nelle mani di Veronica.
Cana fu il primo segno visibile della divinità di Gesù. È un segno provocante adesso, l’icona di Manoppello che è un segno definitivo. Cana fu il primo, e il volto del sudario è un segno definitivo. È un segno provocante e insignificante, discreto e silenzioso ma quanto mai eloquente, sempre vecchio e sempre nuovo. Discusso e venerato, guarda esso con i suoi occhi, accompagna, segue e guida lo sguardo, è un segno concreto ma non è fatto da un altro uomo, è creato ma nessuno conosce la sua origine, la sua formazione.
Non è un oggetto d’altri tempi, è l’icona dell’eterno volto, volto di bontà e di amicizia, di misericordia e di pace. Volto che parla, che interroga, che chiede, che aspetta risposta. Sembra dire: “Guardatemi, voi che siete stanchi. Venite con me e troverete riposo.” Non hanno visto, non devono subire umiliazioni, gli uomini del nostro tempo. Come non dovevano subire umiliazioni gli amici di Maria a Cana. Doveva fare un gesto.
Non hanno fede gli uomini del nostro tempo ma, come alle nozze di Cana: “Usate loro misericordia” dice Maria “E contemplate il suo volto lasciato in eredità a voi.” E noi contempliamo il volto di Gesù. Esso ci parla e ci fa segno, è buono, è misericordioso, perciò noi l’abbiamo portato da Manoppello fino a qui, perché la sua espressione irradi più largamente bontà e misericordia in questo anno di grazia nel quale Dio si rivela con il nome di misericordia, come ci insegna il Santo Padre Francesco. Perciò noi lo esponiamo nella chiesa dello Spirito Santo perché lo Spirito parla al cuore, suggerisce propositi di saggezza e di speranza. Perciò noi lo mettiamo nella chiesa custodita da Santa Faustina perché lei ha saputo percepire le dimensioni del suo volto.
Ci sono momenti nei quali, in modo ancora più forte, siamo chiamati a tener fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare inserto efficace dell’agire del Padre, dice Papa Francesco nella sua esortazione.
Questo, fratelli e sorelle carissimi, è un momento privilegiato. Fissiamo noi lo sguardo sul sacro volto e saremo trasfigurati dalla misericordia di Dio. Il segno non è un fine a sé stesso, il segno è un indice sulla via del ritorno, il ritorno al Padre. Il sudario ricorda il volto di Cristo, Cristo è Gesù che ha trasformato l’acqua in vino per partecipare alla gioia dei suoi amici e parenti. La trasformazione richiede un cambiamento. La nostra trasformazione e la nostra conversione da inutili spettatori a collaboratori dell’opera di Gesù e Maria, lei che conservava tutte le cose in cuor suo. E nessuno come lei conosce il figlio e Signore, lei ci guidi in questo cammino all’incontro del suo figlio, attraverso il suo volto che possiamo fisicamente contemplare.
Ieri l’abbiamo portato e venerato per ringraziare di tanti benefici, oggi lo salutiamo e lo veneriamo chiedendo di accompagnarci nel nostro nuovo cammino, cammino verso le nozze dell’agnello pieno di grazia e di misericordia.
Teniamo impressa nella nostra mente e nel nostro cuore la sua immagine che ci parla e ci interroga. È l’immagine del verbo incarnato perché abbiamo la vita. Ci accompagni nella nostra strada perché ci ricordiamo sempre che Dio è misericordia. La sua misericordia ci accompagna. Ci ricordiamo che il popolo di Dio, salendo da Gerusalemme, nell’Antico Testamento ripeteva sempre nei suoi pellegrinaggi: “Dio è buono, ci ha dato bontà, ci ha dato fede perché è eterna la sua misericordia, perché è eterna la sua misericordia.”
Noi da questa città eterna, città di santi, di Faustina, città di Giovanni Paolo II, di Paolo VI, di Giovanni XXIII, dei pontefici e dei santi volgiamo il nostro pensiero alla Gerusalemme di Gesù, alla Gerusalemme di Maria e chiediamo pace per Gerusalemme, pace a tutti i popoli della Palestina e di Gerusalemme, del Medio Oriente e del Mediterraneo. C’è posto per tutti, la misericordia non ha limiti. Eterna è la misericordia di Dio, perché è buono, è grande, il suo volto ci guidi, ci accompagni e non saremo perduti.

L’appello finale è stato ripetuto anche in lingua ebraica e araba.

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