2021
L’ANTICO RITO DI OMNIS TERRA (17 gennaio 2021)

Alle ore 11:00 è stata celebrata la messa presieduta dall’arcivescovo Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia. Al termine della Solenne Celebrazione, animata dal coro della Basilica diretto dal prof. Nicola Costantini, è seguita la processione con il Volto Santo all’interno della basilica e la benedizione con il reliquario contenente la sacra immagine
Cari confratelli nel ministero sacerdotale,
Illustri rappresentanti delle autorità civili e militari,
Cari fratelli e sorelle nel Signore!
«Fissando lo sguardo su Gesù che passava, Giovanni Battista disse: “Ecco l’Agnello di Dio”». Così abbiamo ascoltato poc’anzi nel Vangelo. Qui, insieme all’Evangelista Giovanni, queste stesse parole le possiamo pronunciare ogni giorno, guardando nel Volto Santo il volto di Cristo.
Nel calendario liturgico, la domenica odierna è detta Omnis terra in base alle parole del testo latino del Salmo 65 che abbiamo ascoltato all’inizio di questa Messa: Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi! (“A te si prostri tutta la terra, o Dio. A te canti inni, canti al tuo nome”). Anche noi oggi ci siamo riuniti qui, nella Basilica papale del Volto Santo, per questa antichissima lode a Dio di tutta la terra.
Motivo di questa festa è la memoria di quando, in questa stessa domenica dell’anno 1208, papa Innocenzo III, con l’umiltà di un frate mendicante, dalla Basilica di San Pietro fece portare per la prima volta in processione questa vera immagine del Signore — che qui vediamo e veneriamo sopra l’altare maggiore — ai romani malati e ai pellegrini malati provenienti da tutta Europa ricoverati nel vicino ospedale di Santo Spirito. Il papa più potente e più consapevole del proprio potere di tutto il Medioevo, a piedi nudi, portava ai malati e ai moribondi l’immagine di Dio misericordioso!
Prima di allora questo prezioso velo era stato a lungo tenuto nascosto. Con quel gesto l’immagine rivide la luce e così per la prima volta fu pubblicamente conosciuta in tutta la Chiesa cattolica. Accadde in questa domenica d’inverno che già allora, nel gennaio del 1208, come oggi iniziava con le stesse parole del Salmo: Omnis terra.
Ma oggi, domenica 17 gennaio del 2021, va ricordato in particolare come papa Innocenzo III, insieme ai suoi canonici, non abbia portato il Volto Santo agli intellettuali e ai nobili della città, ma ai malati e ai poveri di Roma: oggi, quando l’espressione Omnis terra — tutta la terra — ha acquistato, forse come mai prima, un’attualità sconvolgente. Infatti, è tutta la terra all’improvviso a essere minacciata da un virus invisibile — tutti i continenti, tutte le etnie, tutte le nazioni e religioni — veramente tutti gli uomini della terra, giovani e vecchi! È tutta la terra improvvisamente a temere la malattia e la morte, dalla Terra del Fuoco a Vladivostok. Quando l’espressione Omnis terra è stata di più bruciante attualità?
Per questo, oggi, nonostante tutti gli ostacoli frapposti dal corona virus, era per me un sacro dovere e insieme una grande gioia venire da Roma qui, a Manoppello, dove, a causa della pandemia, al momento nessun pellegrino può più venire. Dovevo venire per portare il Volto Santo, almeno attraverso le immagini della televisione, a più malati e persone sole possibile!
Per questo ricordo ora con gratitudine anche la medesima giornata di cinque anni fa, quando padre Carmine Cucinelli invitò me e l’indimenticato arcivescovo libanese Edmund Farhat a celebrare, il 17 gennaio 2016, i Divini misteri nella chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma davanti a una copia del Volto Santo. Padre Carmine, infatti – che a quel tempo era Rettore della basilica di Manoppello – aveva pensato di introdurre, nell’“Anno Santo della Misericordia” indetto da Papa Francesco per il 2016, una terza festa annuale per la venerazione del Volto Santo. E a essa la domenica Omnis terra si addiceva perfettamente in memoria dell’antesignana e così lungimirante iniziativa di Innocenzo III del lontano 1208.
Ma ricordo anche come fosse ieri il privilegio che ebbi, il primo settembre 2006, di accompagnare qui Papa Benedetto XVI nel suo “pellegrinaggio”; allorché, nonostante alcune opposizioni, decise di visitare e venerare — primo Papa dopo più di 400 anni — il Volto Santo di Manoppello poco prima della visita alla sua patria bavarese. E oggi mi sembra quasi una coincidenza provvidenziale che all’epoca egli abbia scelto il medesimo passo del Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, per esprimere davanti ai fedeli qui radunati intorno al Volto Santo i suoi pensieri su quel momento della storia con queste parole:
«Mentre poc’anzi sostavo in preghiera, pensavo ai primi due Apostoli, che, sollecitati da Giovanni Battista, seguirono Gesù presso il fiume Giordano […]. L’evangelista narra che Gesù si voltò e domandò loro: “Che cercate?”. Essi risposero: “Rabbi, dove abiti?”. Ed egli disse: “Venite e vedrete”. Quel giorno i due che Lo seguirono fecero un’esperienza indimenticabile, che li portò a dire: “Abbiamo trovato il Messia”. Colui che poche ore prima consideravano un semplice “rabbi”, aveva acquistato un’identità ben precisa, quella del Cristo atteso da secoli. Ma, in realtà, quanta strada avevano ancora davanti a loro quei discepoli! Non potevano nemmeno immaginare quanto il mistero di Gesù di Nazaret potesse essere profondo; quanto il suo “volto” potesse rivelarsi insondabile, imperscrutabile. Tanto che, dopo aver vissuto insieme tre anni, Filippo, uno di loro, si sentirà dire nell’Ultima Cena: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?”. Parole seguite da quelle che esprimono tutta la novità della rivelazione di Gesù: “Chi ha visto me ha visto il Padre”». Così Benedetto XVI il primo settembre 2006.
Se prendiamo con assoluta serietà questa parola del Signore, vediamo il Padre anche qui — dove il Figlio ci rivela per sempre la sua natura e dove vediamo che egli vive come Salvatore e Redentore.
Papa Benedetto non venne qui a Manoppello scalzo, come Innocenzo III, ma in elicottero da Castel Gandolfo su invito dell’arcivescovo Bruno Forte. Ricordo ancora molto vividamente ogni istante di quell’incontro; come anche il 15 maggio 2009, quando Benedetto visitò il Santo Sepolcro a Gerusalemme, dal quale provengono tanto il velo del Volto Santo quanto la Sindone torinese come messaggio incomparabile della Risurrezione di Cristo dai morti. Non potrebbe essere altrimenti.
Dopo la sensazionale visita di papa Paolo VI il 4 gennaio 1964, il sepolcro vuoto di Cristo a Gerusalemme fu visitato anche da Giovanni Paolo II nel marzo del 2000 e da Papa Francesco nel maggio del 2014.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI a Manoppello il primo settembre 2006, invece, fino a oggi è paragonabile solo con la processione con cui più di 800 anni fa Papa Innocenzo fece conoscere alla cristianità dell’Occidente la “vera icona” che la tradizione popolare chiama anche “Veronica”. Ma il primo settembre 2006 Papa Benedetto ha riportato di nuovo nella Chiesa e in tutta la terra il “volto di Dio umano” e personale. Venne completamente solo e non con il seguito dei suoi consiglieri o dei canonici di San Pietro. E, com’e sua abitudine, venne un po’ timido e riservato, e solo per contemplare e pregare. All’epoca una celebrazione eucaristica o una benedizione pubblica con il Volto Santo non era ancora immaginabile. E tuttavia, dopo di lui, sono venuti qui migliaia di pellegrini che, seguendo Benedetto, hanno portato in tutto il mondo le parole del Vangelo di Giovanni: “Venite e vedete!”.
Fu un evento che rimarrà indelebile nella storia della Chiesa. Per questo, già il 3 novembre 2010 le autorità civili di Manoppello, presente l’arcivescovo Bruno Forte, consegnarono in Vaticano a Benedetto XVI le chiavi della città. Di questo vorrei ringraziarle ancora una volta di cuore, tanto quanto i Frati minori cappuccini e tutti i cittadini e le cittadine di Manoppello; ed esprimere oggi, ancora una volta, la mia personale e particolare gratitudine per il prezioso privilegio concessomi di potere celebrare qui, insieme a voi, la Santa Eucaristia per tutti i malati e sofferenti di tutta la terra sotto lo sguardo misericordioso di Cristo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!”.
Amen.
Brevi cenni storici
Papa Innocenzo III, nell’anno 1208, nella seconda domenica successiva all’Epifania – denominata di Omnis Terra ”, secondo le parole del Salmo 65 – “Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi!” (“A te acclami tutta la terra, a te canti inni, o Dio”) – istituì la processione in cui, accompagnato dai canonici di San Pietro, portava il simulacro del Volto Santo (la cosiddetta Veronica) nella vicina chiesa di Santo Spirito in Sassia. Qui il Papa benediva i malati dell’antico ospedale dei pellegrini, che lui stesso aveva fatto ricostruire e potenziare, dopo che erano andati in rovina gli originari edifici della Schola Saxonum, fondata nel 727 da Ina, re dei Sassoni occidentali dell’antica Britannia (Wessex). La denominazione della chiesa di S. Spirito richiama tuttora quel periodo mantenendo il riferimento a “Sassia” o “Saxia”
Ad Innocenzo III viene riconosciuto l’inizio del culto pubblico della Veronica.
Una trecentesca illustrazione contenuta nel “Liber Regulae Hospitalis Sancti Spiritus” (Regola dell’Ordine Ospitaliero di S. Spirito), mostra Innocenzo III con il velo della Veronica nella mano destra, con al di sotto il saio degli ospitalieri con la classica doppia croce, simbolo dell’ospedale di S. Spirito, mentre con l’altra mano il papa concede la Regola a Guido da Montepellier, che aveva chiamato a guidare il neo costituito ordine.
L’illustrazione documenta il Volto della Veronica com’era prima che scomparisse durante il Sacco di Roma (1527), ossia con gli occhi aperti, rispetto a immagini e copie con gli occhi chiusi, diffuse in tempi successivi al XVII secolo. Secondo alcuni studiosi il Volto Santo sarebbe stato posto in salvo a Manoppello.
Il rito di Omnis Terra si è ripetuto per diverso tempo, per poi cadere in disuso nel corso dei secoli.
Nel corso del Giubileo straordinario (Misericordiae Vultus) indetto da papa Francesco, il 16 gennaio 2016 – con un memorabile pellegrinaggio da Manoppello a Roma – è stata rievocata la processione da San Pietro a Santo Spirito in Sassia. Devoti da Manoppello e altre località, accompagnati dai canti del coro della basilica, hanno portato la replica del Volto Santo, racchiusa in antico ostensorio d’argento di inizio Novecento, alla basilica di Santo Spirito in Sassia, dove rimase esposta fino al giorno successivo.
Mons. Ganswein affermò: “Facciamo però memoria del fatto che qui 808 anni fa, per la prima volta, papa Innocenzo III fece portare in processione il Santo Sudario di Cristo da S. Pietro a S. Spirito. Si trattava di quel velo santo che ci mostra “il volto umano di Dio”, del quale papa Benedetto XVI non si è mai stancato di parlare; ovvero “il volto vivo della misericordia del Padre” al quale papa Francesco ha dedicato quest’Anno giubilare. Si tratta di una copia di quell’antico originale che papa Innocenzo III mostrava ai pellegrini e che da quattrocento anni è custodito in Abruzzo, sull’Adriatico, in una zona periferica dell’Italia, da dove oggi per la prima volta è stato riportato nel luogo in cui ebbe inizio il suo culto pubblico”.
A conclusione della sua omelia, mons. Ganswein ha sottolineato con emozione: “Il volto di Cristo è il primo, il più nobile e più prezioso tesoro dell’intera cristianità, di più: di tutta la terra. Omnis terra!
Per molti il pensiero di mons. Gänswein rifletterebbe quello di papa Benedetto XVI che rimase molto impressionato dalla visita nel Santuario del Volto Santo che elevò a basilica pochi giorni dopo.
Il rito è stato ripetuto negli anni successivi a Manoppello. Nel 2017 e 2018 a presiedere la celebrazione fu mons. Americo Ciani, canonico di San Pietro, nel 2019 furono presenti il cardinale Gerhard Ludwig Müller, insieme agli arcivescovi di San Francisco Salvatore J. Cordileone e della diocesi di Chieti-Vasto, Bruno Forte , mentre nel 2020 partecipò il cardinale svizzero Kurt Koch.
La rievocazione dell’antico rito in questi anni è stata l’occasione per autorevoli espressioni di cardinali e vescovi improntati al riconoscere la Veronica nel Volto Santo.
2020
Nuovo Rettore Volto Santo di Manoppello
Padre Antonio Gentili
Cari amici,
mentre mi accingo ad iniziare il servizio di Rettore nella Basilica Santuario del Volto Santo Di Manoppello, missione che mi è stata affidata dal Ministro Provinciale Fr. Matteo Siro e dal definitorio della nuova provincia Serafica dei Frati Minori Cappuccini Immacolata Concezione, desidero rivolgere un fraterno saluto a tutti coloro che formano una famiglia nel nome del Volto Santo di Gesù, facendo mie le parole di san Francesco, il Signore vi dia la Pace!
Proiettandomi nell’esperienza di Manoppello avverto la mente affollata e provocata da varie sensazioni: onore per l’incarico, gioia per la vicinanza del Volto Santo di Gesù, passione per la missione apostolica e spirituale, ansia per la sfida dell’Evangelizzazione, attesa del servizio ai pellegrini e devoti, consapevolezza della responsabilità.
Anche qui giungo con l’abito francescano del pellegrino. Un pellegrinaggio ideale, simbolico, che vuole ripercorre quello fatto dall’immagine del Volto Santo: da Gerusalemme verso Roma per poi arrivare a Manoppello.
Dopo la mia ordinazione sacerdotale, avvenuta il 14 luglio del 2018, sono stato vice parroco per due anni nella chiesa del Sacro Cuore Eucaristico nella città di Terni, mentre questa nuova obbedienza mi porta a compiere un passaggio straordinario che va dal cuore eucaristico al Volto Santo del Signore, ripensando a quanto affermò il salmista: “il tuo Volto Signore io cerco”.
Il mio servizio si pone in continuità con quello di tanti frati venerandi, che hanno guidato questo Santuario, diffuso e propagato il culto al volto Santo di Gesù. Ringrazio padre Carmine Cucinelli, insieme a tanti altri confratelli che non si sono risparmiati nel ministero pastorale e che hanno lasciato ai Manoppellesi e alla chiesa universale ricordi, ammirazione e testimonianza di vita santa. Penso al servo di Dio padre Domenico da Cese, definito, non a torto, “apostolo del Volto Santo”.
A tutti offro la mia disponibilità semplice e generosa, specie ai gruppi, ai movimenti e alle associazioni del Santuario del Volto santo, spero di condividere i doni spirituali e il carisma cappuccino, che la Chiesa riconosce e che chiede di rendere attuale ai nostri giorni.
Mi unisco “in corsa” al vostro cammino, in questo tempo difficile per i segni che sta lasciando la dolorosa esperienza della pandemia, ma anche bello ed entusiasmante, confidando nell’aiuto di Dio, della Vergine Maria. di san Francesco d’Assisi e nella collaborazione e benevolenza di ognuno.
Chiedo che invochiate la benedizione del Signore su di me, mentre io la invoco su tutti voi e sulle vostre famiglie. Il Signore ci renda santi.
2020
Omelia dell’Arcivescovo Bruno Forte 18 maggio 2020

18 maggio 2020
Celebrazione eucaristica nella Chiesa Parrocchiale di Manoppello
davanti al Volto Santo
Omelia dell’Arcivescovo Bruno Forte
L’odierna celebrazione eucaristica è un atto di lode a Dio per il dono del prezioso sudario del Signore crocifisso, custodito nella Basilica del Volto Santo, oggi presente in mezzo a noi in occasione dell’annuale festività della terza domenica di maggio, che ricorda l’arrivo della reliquia a Manoppello. L’azione di grazie si compie, inoltre, nel giorno centenario della nascita di Karol Wojtyla, San Giovanni Paolo II, che proprio in questa data del 1920 venne al mondo a Wadowice, in Polonia. Il mistero proclamato dalla Parola di Dio della liturgia del tempo pasquale si unisce così al duplice mistero celebrato, quello luminoso legato al Volto del Salvatore e quello rappresentato dalla figura di questo grande Santo, che del Redentore fu innamorato testimone, a partire da una unione con Lui che non esiterei a definire mistica, di cui potei percepire la profondità nell’intera settimana che trascorsi con Lui, quando ebbi la grazia di predicargli gli esercizi spirituali nel 2004, da Lui intensamente e fedelmente seguiti e che furono anche gli ultimi della Sua vita terrena.
La lettura tratta dagli Atti degli Apostoli (16,11-15) mostra la squisita attenzione che l’apostolo Paolo riserva ai rapporti umani: oltre all’impegno di visitare le comunità da Lui fondate per vedere di persona i fratelli, colpisce la delicatezza che ha verso le donne, cui si rivolge con grande libertà per annunciare loro la buona novella, non esitando ad accogliere l’invito di Lidia, commerciante di porpora, credente in Dio, per andare ospite da lei con i fratelli. Potremmo dire che si rivela qui l’attenzione di Paolo ai volti, e cioè alle persone nella unicità e concretezza delle loro storie: se dovessimo chiederci da chi un Ebreo fervente come Saulo aveva imparato a prestare tanta attenzione ai volti, soprattutto a quelli femminili, tradizionalmente trascurati dalla cultura piuttosto maschilista del suo tempo, non potremmo che rispondere che l’aveva appresa dalla contemplazione mistica di Colui che aveva incontrato sulla via di Damasco e che, parlandogli a tu per tu, gli aveva detto: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4). La visione era diventata nel cuore del fervente Persecutore una precisa domanda: «Chi sei, o Signore?», cui aveva ricevuto la risposta rivelatrice: «Io sono Gesù, che tu perseguiti!» (v. 5). Il ruolo del Volto di Gesù, espresso nell’apparizione e nella voce, è decisivo nella vocazione di Colui che diverrà il grande Apostolo delle genti, come gli confermerà Anania dicendogli «mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi» (v. 17): dall’incontro personale con il Volto di Cristo le nostre vite vengono trasformate, perfino trasfigurate, fino a divenire con la grazia dall’alto vite di apostoli, storie di umiltà, di carità e di santità al servizio del Vangelo. Dall’incontro col Volto del Signore nascono la conversione e la missione.
Il testo tratto dal Vangelo secondo Giovanni (15,26-16,4), poi, ci fa capire chi rende possibile questo incontro così personale e trasformante col Cristo, scavalcando il fossato dei secoli che ci separano dai giorni della Sua carne: è lo Spirito, il Paràclito che Gesù manda dal Padre, lo Spirito della verità che dà testimonianza di Lui e rende possibile anche a noi di dare testimonianza, se siamo con Lui e a Lui restiamo uniti. Ancora una volta, il Volto del Salvatore ci raggiunge con assoluta concretezza nella forza del Suo Spirito, e guardandoci e chiamandoci ci rende capaci di amare come Lui ci chiede e di divenire testimoni di questo amore a prezzo della vita, come tante volte le persecuzioni dei cristiani hanno dimostrato nella storia dell’umanità. Non solo, dunque, il Volto dell’Amato invia il discepolo, ma è anche fonte della forza che lo raggiunge e che rende possibile l’altrimenti impossibile capacità di rendere testimonianza a Lui risorto fino in fondo e senza timore. Il Volto che ci invia con la Sua voce è lo stesso Volto che ci guarda, ci accompagna, ci sostiene e ci attende nella bellezza infinita dell’incontro finale nella bellezza e nella gioia, che non conosceranno tramonto. Dal Volto Santo di Gesù, contemplato e amato, ci viene la forza dello slancio missionario e della fedeltà più forte di ogni prova.
Fonte della propria vocazione e missione e forza per portarle a compimento nell’assoluta fedeltà di tutta la vita è stato il Volto di Gesù anche nella vita di San Giovanni Paolo II: nei due lunghi dialoghi che ebbi con Lui durante gli esercizi del 2004, il Papa mi disse – tra tante altre e bellissime cose – una frase, che a mio avviso dimostra in maniera tangibile l’unione mistica che Egli viveva con Cristo. Parlando delle sfide affrontate nel servire la Chiesa e nel portare al mondo la buona novella della salvezza che non delude, Giovanni Paolo II si fermò un istante, per poi aggiungere con un volto particolarmente espressivo, come segnato dai ricordi, queste parole: «Il Papa deve soffrire». Egli calcò quel “deve” con una particolare intensità, che mi richiamò istintivamente alla mente la frase di Gesù rivolta ai discepoli di Emmaus: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24,25-26). È la legge dell’amore, la necessità di pagare con la vita il prezzo del dono di sé per amore degli altri, sintetizzata ad esempio nelle parole di Paolo e Barnaba, riportate dagli Atti degli Apostoli: «Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiochia, rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio» (At 14,21-22). Come per l’Apostolo, così per San Giovanni Paolo II la forza per sostenere tante prove non può essere venuta che dal Signore Gesù, dal Suo Volto irradiante luce, amore e coraggio: «Tutto posso in Colui che mi dà forza» (Fil 4,13).
È peraltro lo stesso Papa santo che ci rivela questo segreto mistico della Sua vita: lo fa, certamente, con la discrezione e il pudore di chi parla dell’indicibile, ma anche con la convinzione di chi del Volto del Signore ha fatto vera e profonda esperienza di conoscenza e di contemplazione amorosa e dialogante. In una preghiera recitata durante la visita pastorale all’Arcidiocesi di Lucca (23-24 settembre 1989), città dov’è custodito un Crocifisso ligneo venerato come Volto di Cristo, San Giovanni Paolo II disse parole, che rivelano profondità abissali di fede e di unione mistica e che possiamo rivolgere con umiltà e amore al Volto Santo impresso sul Sudario, qui venerato: «Signore Gesù, crocifisso e risorto, immagine della gloria del Padre, Volto Santo che ci guardi e ci scruti, misericordioso e mite, per chiamarci alla conversione e invitarci alla pienezza dell’amore, noi ti adoriamo e ti benediciamo. Nel tuo Volto luminoso, apprendiamo come si è amati e come si ama; dove si trova la libertà e la riconciliazione; come si diviene costruttori della pace che da te si irradia e da te conduce. Nel tuo Volto glorificato impariamo a vincere ogni forma di egoismo, a sperare contro ogni speranza, a scegliere le opere della vita contro le azioni della morte. Donaci la grazia di porre te al centro della nostra vita; di restare fedeli, tra i rischi e i mutamenti del mondo, alla nostra vocazione cristiana; di annunciare alle genti la potenza della Croce e la Parola che salva; di essere vigili e operosi, attenti ai più piccoli dei fratelli; di cogliere i segni della vera liberazione, che in te ha avuto inizio e in te avrà compimento. Signore, concedi alla tua Chiesa di sostare, come la Vergine Madre, presso la tua Croce gloriosa e presso le croci di tutti gli uomini per recare ad essi consolazione, speranza e conforto. Lo Spirito che ci hai donato porti a maturazione la tua opera di salvezza, perché tutte le creature, liberate dai vincoli della morte, contemplino nella gloria del Padre il tuo Volto Santo, che splende luminoso nei secoli dei secoli. Amen».
May 18, 2020
Eucharistic celebration in the Parish Church of Manoppello
Before the Holy Face
Archbishop Bruno Forte’s homily
Today’s Eucharistic celebration is an act of praise to God for the gift of the precious sudarium of the crucified Lord, preserved in the Basilica of the Holy Face, present among us today on the occasion of the annual feast of the third Sunday of May, which commemorates the arrival of the relic in Manoppello. This thanksgiving, moreover, takes place on the centenary of the birth of Karol Wojtyla, St. John Paul II, who on this date in 1920 came into the world in Wadowice, Poland. The mystery proclaimed by the Word of God from the liturgy of Easter time is thus united to the double mystery we are celebrating, the luminous one linked to the Face of the Savior and the one depicted by the figure of this great Saint, who was a loving witness to the Redeemer, springing from a union with Him that I would not hesitate to define as mystical, whose depths I could perceive throughout the entire week that I spent with him, when I had the grace to preach the spiritual exercises for him in 2004, which he intensely and faithfully followed, and which were also the last of His earthly life.
The reading from the Acts of the Apostles (16:11-15) demonstrates the exquisite attention that the Apostle Paul pays to human relations: in addition to his efforts to visit the communities he founded to see the brethren in person, the consideration he shows towards women, to whom he turns with great freedom to announce to them the good news, is striking, not hesitating to accept the invitation of Lydia, a dealer in purple cloth, a believer in God, to go as a guest in her household. We could say that Paul’s attention to faces is revealed here, that is, to people in their unique and concrete stories: if we were to ask ourselves from whom a fervent Hebrew such as Saul had learned to pay so much attention to faces, especially to female ones, traditionally neglected by the rather masculine culture of his time, we could only answer that he had learned it from his mystical contemplation of the One he had met on the way to Damascus and who, speaking to him one on one, had said to him: “Saul, Saul, why do you persecute me?” (Acts 9:4). The vision became in the heart of the fervent persecutor a precise question: “Who are you, O Lord?”, to which he received the revealing answer: “I am Jesus, whom you are persecuting!” (v. 5). The role of the Face of Jesus, expressed in appearance and in voice, is decisive for the vocation of the one who will become the great Apostle of the peoples, as Ananias will confirm to him, “the Lord sent me to you, that Jesus who appeared to you on the way you were traveling” (v. 17): from our personal encounter with the Face of Christ, our lives are transformed, even transfigured, to become with the grace from on high lives of apostles, stories of humility, charity and holiness in the service of the Gospel. From the encounter with the Face of the Lord comes conversion and mission.
The text taken from the Gospel according to John (15:26-16:4), then, makes us understand who makes possible this meeting so personal and transformative with Christ, leaping over the chasm of the centuries that separate us from the days of His flesh: it is the Spirit, the Paraclete that Jesus sends from the Father, the Spirit of truth that testifies to Him and makes it possible for us to bear witness, if we abide with Him and remain united to Him. Once again, the Face of the Savior reaches us with absolute concreteness in the strength of His Spirit, and looking at us and calling us makes us able to love as He asks and to become witnesses of this love at the cost of one’s life, as so often the persecutions of Christians have shown in the history of humanity. Not only, therefore, does the Face of the Beloved send forth the disciple, but it is also the source of the strength that reaches out to him and that makes possible the otherwise impossible ability to bear witness, completely and without fear, to Him who is risen, The Face that sends us forth by His voice is the same Face that looks at us, accompanies us, supports us and awaits us in the infinite beauty of the final encounter in beauty and joy, which will never know sunset. From the Holy Face of Jesus, contemplated and loved, comes the strength of our missionary passion and fidelity stronger than any trial…
The Face of Jesus was also for St. John Paul II the source of his vocation and mission and the strength to bring these to completion in the absolute fidelity of his whole life: in the two long dialogues that I had with him during the exercises of 2004, the Pope recounted to me – among many other beautiful things – a phrase, which in my opinion shows in a tangible way the mystical union that He lived with Christ. Speaking of the challenges faced in serving the Church and bringing to the world the good news of salvation that does not disappoint, John Paul II paused for a moment, and then added with a particularly expressive face, as if marked by memories, these words: “The Pope must suffer”. He emphasized that “must” with a particular intensity, which instinctively reminded me of Jesus’ phrase addressed to the disciples of Emmaus: “O foolish men and slow of heart to believe in all that the prophets have spoken! Didn’t Christ have to undergo this suffering in order to enter into his glory?” (Lk 24:25-26). It is the law of love, the need to pay with one’s life the price of the gift of self for the sake of others, summed up, for example, in the words of Paul and Barnabas, reported by the Acts of the Apostles: “After preaching the gospel in that city and making a considerable number of disciples, they returned to Lystra, Iconium, and Antioch, strengthening the souls of the disciples and urging them to remain steadfast in the faith because, they said, it is necessary to go through many tribulations to enter the kingdom of God.” (Acts 14:21-22) As with the Apostle, so for St. John Paul II, the strength to endure so many trials can only come from the Lord Jesus, from His Face radiating light, love, and courage: “I can do all things in Him who strengthens me” (Phil. 4:13).
It is also the holy Pope himself who reveals to us this mystical secret of his life: he does so, certainly, with the discretion and modesty of those who speak of the unspeakable, but also with the conviction of those who have had a true and profound experience of loving and dialoguing knowledge and contemplation of the Face of the Lord. In a prayer recited during his pastoral visit to the Archdiocese of Lucca (September 23-24, 1989), a city where a wooden crucifix revered as the Holy Face (Volto Santo) of Christ is preserved, St. John Paul II pronounced words which reveal profound depths of faith and mystical union, and which we can address with humility and love to the Holy Face imprinted on the sudarium, venerated in this place: “Lord Jesus, crucified and risen, image of the glory of the Father, Holy Face who looks at us and scrutinizes us, merciful and meek, to call us to conversion and invite us to the fullness of love, we adore you and we thank you. In your luminous Face, we learn how we are loved and how we are to love; where freedom and reconciliation are found; how to become builders of the peace that radiates from you and leads to you. In your glorified Face we learn to overcome all forms of selfishness, to hope against all hope, to choose the works of life against the actions of death. Give us the grace to place you at the center of our lives; to remain faithful, amidst the perils and changes of the world, to our Christian vocation; to announce to the peoples the power of the Cross and the Word that saves; to be alert and hard working, attentive to the least of the brethren; to grasp the signs of true liberation, which has begun and will be fulfilled in you. Lord, grant your Church to stand, like the Virgin Mother, at your glorious Cross and at the crosses of all men to bring consolation, hope, and comfort to them. May the Spirit you have given us bring to maturity your work of salvation, so that all creatures, freed from the constraints of death, may contemplate in the glory of the Father your Holy Face, which luminously shines for ever and ever. Amen.
18. Mai 2020
“Wer bist Du, Herr?”
Eucharistiefeier in San Nicola, der Pfarrkirche von Manoppello
vor dem „Heiligen Gesicht“
Predigt von Erzbischof Bruno Forte
Die heutige Messfeier ist ein Lobpreis Gottes für das Geschenk des kostbaren Schweißtuchs unseres gekreuzigten Herrn aus der Basilika des Heiligen Gesichts, das heute unter uns in der Pfarrkirche des heiligen Nikolaus weilt aus Anlass des dritten Sonntags im Mai, an dem Jahr für Jahr hier ein Fest an die Ankunft der Reliquie in Manoppello erinnert. Zudem findet der Dankgottesdienst heute am hundertsten Jahrestag der Geburt des heiligen Papstes Johannes Paul statt, der 1920 als Karol Wojtyla in Wadowice in Polen das Licht der Welt erblickte. So entfaltet sich das Geheimnis im Wort Gottes der Osterliturgie heute für uns auf zweifache Weise: in dem lichtreichen Geheimnis im Antlitz des Erlösers und in dem Geheimnis, dem wir in der Gestalt dieses großen Heiligen begegnen, der in seinem Leben wirklich und wahrhaftig zu einem Liebhaber des Erlösers wurde, in einer Vereinigung der beiden, die ich ohne zu zögen mystisch nennen würde. Das durfte ich auf ganz besondere Weise und tief erfahren, als mir in der Fastenzeit 2004 eine ganze Woche lang die Gnade zuteilwurde, in intensiver Gemeinschaft mit ihm und für ihn und die Kurie die geistlichen Exerzitien zu leiten, die zu den letzten seines irdischen Lebens werden sollten, an denen er höchst aufmerksam teilnahm.
Am Tisch des Wortes dieser Eucharistiefeier zeigt uns die Lesung aus der Apostelgeschichte (16,11-15) zunächst die außerordentliche Aufmerksamkeit, die der Apostel Paulus den menschlichen Beziehungen widmet. Neben der Aufgabe, die von ihm gegründeten Gemeinschaften zu besuchen, um die Brüder persönlich zu sehen, berührt uns hier besonders die Feinfühligkeit, mit der er den Frauen begegnet. Mit großer Freiheit wendet er sich an sie, um ihnen die gute Nachricht zu verkünden, und zögert nicht, die Einladung Lydias anzunehmen, einer gottesfürchtigen Purpurhändlerin, um bei ihr mit den Brüdern Gast zu sein. Und es fällt auf, wie seine Aufmerksamkeit für Gesichter hier besonders zu Tage tritt, in der jeweiligen Einzigartigkeit und Konkretheit ihrer Geschichten. Würden wir uns fragen, von wem ein glühender Jude wie Saulus gelernt hatte, Gesichtern mit solcher Wertschätzung zu begegnen, insbesondere weiblichen Gesichtern, die von der männlich geprägten Kultur seiner Zeit traditionell eher geringgeachtet wurden, so können wir nur antworten, dass ihm das aus der mystischen Schau mit Dem zuteilgeworden war, dem er auf der Straße nach Damaskus begegnet war und der ihn fragte: “Saulus, Saulus, warum verfolgst du mich? (Apostelgeschichte 9,4). Im Herzen des wütenden Verfolgers verdichtete sich diese Schau jedoch zu der konkreten Frage: “Wer bist du, Herr?” – worauf ihm offenbart wurde: “Ich bin Jesus, den du verfolgst!“
Die Bedeutung von Jesu Angesicht, wie sie in der Erscheinung und Stimme zum Ausdruck kommt, gibt also den Ausschlag für die Berufung des Saulus zum großen Apostel der Heiden, wie Hananias es ihm drei Tage später in Damaskus mit den Worten bestätigt: “Bruder Saul, der Herr hat mich gesandt, der dir auf dem Weg hierher erschienen ist. ”
In der persönlichen Begegnung mit dem Antlitz Christi wird unser Leben verwandelt, ja verklärt, bis wir durch die Gnade des Himmels selbst Apostel werden für ein Zeugnis der Demut, der Nächstenliebe und der Heiligkeit im Dienste des Evangeliums. Aus der Begegnung mit dem Antlitz des Herrn erwachsen Bekehrung und Sendung.
Das Evangelium nach Johannes (15,26-16,4) lässt uns danach begreifen, wer diese verwandelnde persönliche Begegnung mit Christus möglich macht und wer den Abgrund jener Jahrhunderte überbrückt, die uns von den Tagen seines irdischen Lebens trennen. Das ist der Geist, der Tröster, den Jesus uns vom Vater sendet. Es ist der Geist der Wahrheit, der Ihn bezeugt und der uns das Zeugnis für Ihn ermöglicht, wenn wir mit Ihm sind und Ihm verbunden bleiben.
Auch hier verbindet uns das Antlitz des Erlösers wieder mit absoluter Konkretheit in der Kraft Seines Geistes. Indem er uns anschaut und ruft, macht Er uns fähig, so zu lieben, wie Er es von uns verlangt, selbst zum Preis unseres Lebens Zeugen dieser Liebe zu werden, wie es so viele Christenverfolgungen in der Geschichte der Menschheit erwiesen haben. Das Antlitz des Geliebten sendet also nicht nur den Jünger; es wird ihm auch zur Quelle der Kraft, Unmögliches zu vollbringen und furchtlos Zeugnis vom Auferstandenen abzulegen. Das Antlitz, das uns mit Seiner Stimme sendet, ist dasselbe Antlitz, das uns anschaut, begleitet, unterstützt und schließlich erwartet in der unendlichen Herrlichkeit jener letzten Begegnung in der Fülle der Freude, die keinen Sonnenuntergang mehr kennt. In der Betrachtung und Verehrung vom Heiligen Antlitz Jesu wird uns die Kraft für den missionarischen Eifer und die Treue zuteil, die stärker ist als jede Prüfung.
Quelle seiner Berufung und Sendung und Ursprung der Kraft, ihr sein ganzes Leben lang vollkommen treu zu bleiben, war das Antlitz Jesu auch im Leben des heiligen Johannes Paul. In zwei langen Dialogen, die ich während der Exerzitien 2004 mit ihm führen durfte, sagte er mir – neben vielen anderen wundervollen Dingen – einen Satz, der für mich die mystische Einheit, mit der er in Christus lebte, gleichsam mit Händen greifen ließ. Angesichts der Herausforderungen, denen er sich im Dienst an der Kirche und bei der Verkündigung des Evangeliums konfrontiert sah, hielt Johannes Paul in unserem Gespräch einen Moment inne und fügte dann mit einem Gesicht, in dessen Zügen sich seine Erinnerungen wie zu einem Siegel verdichteten, diese Worte hinzu: “Der Papst muss leiden”.
Er betonte dieses “Muss” mit einer solchen Intensität, die mich unwillkürlich an den Satz Jesu an die Jünger von Emmaus im Evangelium des heiligen Lukas denken ließ: “Wie schwer fällt es euch, alles zu glauben, was die Propheten gesagt haben? Musste nicht der Messias all das erleiden, um so in seine Herrlichkeit zu gelangen?” Es ist das Gesetz der Liebe. Es ist die Notwendigkeit der Selbsthingabe, die Liebe zu den anderen mit dem Geschenk der eigenen Existenz zu vergüten, wie es die Worte von Paulus und Barnabas zusammenfassen, von denen die Apostelgeschichte berichtet: “Als sie dieser Stadt das Evangelium verkündet und viele Jünger gewonnen hatten, kehrten sie nach Lystra, Ikonion und Antiochia zurück. Sie sprachen den Jüngern Mut zu und ermahnten sie, treu am Glauben fest zu halten; sie sagten: Durch viele Drangsale müssen wir in das Reich Gottes gelangen.” Wie für die Apostel, so kann auch für Johannes Paul II. die Kraft, so viele Prüfungen durchzustehen, nur vom Herrn Jesus selbst gekommen sein, von seinem Antlitz, das Licht, Liebe und Mut ausstrahlt: “Alles vermag ich durch ihn, der mir Kraft gibt.” (Phil 4,13).
Es ist im Übrigen derselbe heilige Papst, der auch uns dieses mystische Geheimnis seines Lebens offenbart, und zwar mit der Zurückhaltung und Bescheidenheit jener, die vom Unsagbaren sprechen, doch auch mit der Überzeugung derer, die im Dialog und in der liebevollen Betrachtung des Angesichts Christi wahre und tiefe Erfahrungen gemacht haben. In einem Gebet, das der heilige Johannes Paul bei einem Pastoralbesuch am Samstag, dem 23. September 1989 in der Kathedrale von Lucca gesprochen hat, wo ein antikes hölzernes Kruzifix unbekannter Herkunft als Antlitz Christi verehrt wird, sagte er Worte, die einen tiefen Glauben mit Erfahrungen mystischer Vereinigung offenbaren und die wir auch heute mit Demut und Liebe an das Heilige Antlitz richten können, das auf dem hier verehrten Schweißtuch eingeprägt ist: „Herr Jesus, gekreuzigt und auferstanden, Bild der Herrlichkeit des Vaters, heiliges Antlitz, das uns ansieht und barmherzig und sanftmütig prüft, um uns zur Bekehrung zu rufen und zur Fülle der Liebe einzuladen, wir verehren dich und segnen dich. In deinem lichtreichen Gesicht lernen wir, wie du geliebt wirst und wie du liebst; wo es Freiheit und Versöhnung gibt; wie du Erbauer des Friedens wirst, der von dir ausstrahlt und dich führt. In deinem verherrlichten Gesicht lernen wir, jede Form von Selbstsucht zu überwinden, gegen alle Hoffnung zu hoffen, die Werke des Lebens gegen die Handlungen des Todes zu wählen. Gib uns die Gnade, Dich in den Mittelpunkt unseres Lebens zu stellen und unserer christlichen Berufung treu zu bleiben zwischen den Risiken und Veränderungen der Welt. den Menschen die Kraft des Kreuzes und das Wort zu verkünden, das sie rettet; wachsam zu sein, und unermüdlich auf die geringsten unsere Geschwister zu achten; die Zeichen wahrer Befreiung zu erfassen, die in Dir begonnen haben und die sich in Dir erfüllen werden. Herr, gib deiner Kirche die Kraft auszuharren, wie die Jungfrau Maria an deinem herrlichen Kreuz und an den Kreuzen aller Menschen zu stehen, um ihnen Trost, und Hoffnung zu bringen. Möge der Geist, den Du uns gegeben hast, Dein Heilswerk zur Reife bringen, damit alle Kreaturen, die von den Banden des Todes befreit sind, in der Herrlichkeit des Vaters Dein heiliges Antlitz betrachten können, das von Ewigkeit zu Ewigkeit hell leuchtet. Amen“.
18 de Maio de 2020
Celebração Eucarística na Igreja Paroquial de Manoppello, perante a Santa Face
Homília do Arcebispo Bruno Forte
A celebração eucarística de hoje é um ato de louvor a Deus pelo dom do precioso sudário do Senhor crucificado, mantido na Basílica da Santa Face, hoje presente entre nós por ocasião da anual festividade do terceiro domingo de maio, que recorda a chegada da relíquia a Manoppello. A ação de graças ocorre, também, no dia do centenário do nascimento de Karol Wojtyla, São João Paulo II, que exatamente nesta data, em 1920, veio ao mundo em Wadowice, Polónia. O mistério proclamado na Palavra de Deus da liturgia do tempo pascal une-se, assim, ao duplo mistério celebrado, o mistério luminoso ligado à Face do Salvador e aquele representado pela figura deste grande Santo, que do Redentor foi apaixonada testemunha, a partir da união com Ele, que não hesitarei em definir mística, a qual pude perceber a profundidade na inteira semana que passei com Ele, quando tive a graça de pregar-lhe os exercícios espirituais em 2004, seguidos intensa e fielmente por Ele e que foram, também, os últimos da sua vida. terrena.
A leitura retirada dos Atos dos Apóstolos (16,11-15) mostra a requintada atenção que o apóstolo Paulo reserva às relações humanas: além do compromisso de visitar as comunidades por Ele fundadas para ver pessoalmente os irmãos, impressiona a delicadeza que tem em relação às mulheres, às quais se dirige com grande liberdade para lhes anunciar a boa nova, não hesitando em acolher o convite de Lídia, comerciante de púrpura, crente em Deus, para o hospedar juntamente com os irmãos. Poderíamos dizer que se revela aqui a atenção de Paulo ao rostos, isto é às pessoas na singularidade e no concreto das suas histórias: se devêssemos nos perguntar, de quem um Hebreu fervoroso como Saulo tinha aprendido a prestar tanta atenção aos rostos, sobretudo aos femininos, tradicionalmente negligenciados pela cultura predominantemente machista do seu tempo, não podemos senão responder que a apreendeu pela contemplação mística d’Aquele que tinha encontrado no caminho para Damasco e que, falando-lhe cara a cara, lhe disse: «Saulo, Saulo, porque me persegues?” (Atos 9.4). No coração do fervoroso Perseguidor a visão tornou-se numa pergunta precisa: “Quem és tu, Senhor?”, de quem recebeu a resposta reveladora: “Eu sou Jesus, a quem tu persegues!” (v. 5) O papel da Face de Jesus, expresso na aparição e na voz, é decisivo na vocação Daquele que se tornará no grande Apóstolo dos gentios, como Ananias lhe confirmará dizendo: “o Senhor Jesus, que te apareceu no caminho, mandou-me vir ter contigo” (v. 17): desde o encontro pessoal com a Face de Cristo, as nossas vidas são transformadas, mesmo transfiguradas, até se tornarem com a graça do alto, vidas de apóstolos, histórias de humildade, de caridade e de santidade ao serviço do Evangelho. Do encontro com a Face do Senhor, nascem a conversão e a missão.
O texto retirado do Evangelho segundo João (15.26-16.4), depois, faz-nos entender quem torna possível este encontro tão pessoal e transformador com Cristo, saltando o fosso dos séculos que nos separam dos dias da Sua carne: é o Espírito, o Paráclito que Jesus envia do Pai, o Espírito da verdade que dá testemunho d’Ele e torna possível também a nós dar testemunho, se estamos com Ele e a Ele permanecemos unidos. Mais uma vez, a Face do Salvador nos alcança concreta e absolutamente na força do Seu Espírito e nos olhando e chamando, nos torna capazes de amar como Ele nos pede e de nos tornarmos testemunhas deste amor à custa da própria vida, como tantas vezes as perseguições aos cristãos demonstraram na História da humanidade. Portanto, não somente a Face do Amado envia o discípulo, mas é também fonte da força que o alcança e que torna possível a capacidade, de outro modo impossível, de testemunhar a Ele, ressuscitado, até ao fim e sem temor. A Face que nos envia com a Sua voz é a mesma Face que nos olha, nos acompanha, nos apoia e nos espera na infinita beleza do encontro final na beleza e na alegria, que não conhecerão ocaso. Da Santa Face de Jesus, contemplado e amado, chega-nos a força do ímpeto missionário e da fidelidade mais forte que qualquer provação.
A Face de Jesus foi também na vida de São João Paulo II fonte da própria vocação e missão e força para levá-las a cumprimento na absoluta fidelidade de toda uma vida: nos dois longos diálogos que tive com Ele durante os exercícios de 2004, o Papa disse -me – entre muitas outras belíssimas coisas – uma frase que, na minha opinião, demonstra de maneira tangível a união mística que Ele vivia com Cristo. Falando dos desafios enfrentados no servir a Igreja e no levar ao mundo a boa nova da salvação que não desilude, João Paulo II parou por um momento, para depois acrescentar com um rosto particularmente expressivo, como que marcado por lembranças, as seguintes palavras: “o Papa deve sofrer”. Ele sublinhou aquele “deve” com uma particular intensidade, que instintivamente me trouxe à mente a frase de Jesus dirigida aos discípulos de Emaús: «que faltos de entendimento vocês são, e que lentos para acreditarem em tudo o que os profetas disseram! Então Cristo não tinha que sofrer tudo isso antes de ser glorificado?” (Lc 24,25-26). É a lei do amor, a necessidade de pagar com a vida o preço do dom de si pelo amor aos outros, resumida, por exemplo, nas palavras de Paulo e Barnabé, relatadas nos Atos dos Apóstolos: “Depois de pregarem o Evangelho naquela cidade e fazerem um número considerável de discípulos, regressaram a Listra, Icónio e Antioquia. Iam fortalecendo as almas dos discípulos e exortavam-nos a permanecerem firmes na fé, porque – diziam eles – temos de sofrer muitas tribulações para entrarmos no reino de Deus”. (Atos 14,21-22) . Tal como para o Apóstolo, assim também para São João Paulo II a força para suportar tantas provações não pode senão vir do Senhor Jesus, da Sua Face irradiando luz, amor e coragem: “Tudo posso Naquele que me dá força” (Fp 4). 13).
Além disso, é o próprio santo Papa que nos revela este segredo místico da Sua vida: fá-lo, certamente, com a discrição e pudor de quem fala do indizível, mas também com a convicção de quem da Face do Senhor, fez verdadeira e profunda experiência de conhecimento e de contemplação amorosa e dialogante. Numa oração recitada durante a visita pastoral à Arquidiocese de Lucca (23-24 de setembro de 1989), cidade onde existe um Crucifixo de madeira venerado como a Face de Cristo, São João Paulo II disse palavras, que revelam profundidades abissais de fé e de união mística e que podemos dirigir com humildade e amor à Santa Face impressa no Sudário, aqui venerado: “Senhor Jesus, crucificado e ressuscitado, imagem da glória do Pai, Santa Face que nos olha e perscruta, misericordiosa e mansa, para nos chamar à conversão e nos convidar à plenitude do amor, nós te adoramos e te bendizemos. Na tua Face luminosa, aprendemos como se é amado e como se ama; onde se encontra a liberdade e a reconciliação; como nos tornamos construtores da paz que de ti irradia e a ti conduz. Na tua Face glorificada, aprendemos a vencer toda a forma de egoísmo, a ter esperança contra toda a esperança, a escolher as obras da vida contra as ações da morte. Dá-nos a graça de te colocar no centro da nossa vida, de permanecer-mos fiéis, entre os riscos e mutações do mundo, à nossa vocação cristã, anunciar às gentes o poder da Cruz e a Palavra que salva; de estar vigilantes e diligentes, atentos aos mais pequenos dos irmãos; de captar os sinais da verdadeira libertação, que em ti teve início e em ti terá .cumprimento. Senhor, conceda à tua Igreja de permanecer, como a Virgem Mãe, junto à tua Cruz gloriosa e junto às cruzes de todos os homens, para lhes levar consolo, esperança e conforto. Que o Espírito que nos concedeste, traga à maturação a tua obra de salvação, para que todas as criaturas, libertadas dos laços da morte, contemplem na glória do Pai, a tua Santa Face, que brilha luminosa pelos séculos dos séculos. Amem”
2020
Preghiera in altre lingue. Coronavirus

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+ Bruno Forte
Archbishop of Chieti-Vasto
Volto Santo – Manoppello – Archdiocese of Chieti-Vasto
In Coronavirus time
Prayer to invoke liberation from evils
Lord Jesus, Saviour of the world,
hope that will never disappoint us,
have mercy on us and deliver us from all evil!
Please overcome the scourge
of this virus, which is spreading,
heal the sick, preserve the healthy,
support those who work for the health of all.
Show us your face of mercy
and save us in your great love.
We ask you through the intercession
of Mary, Your Mother and ours,
who faithfully accompanies us.
You who live and reign
forever and ever.
Amen.
+ Bruno Forte
Archevȇque de Chieti-Vasto
Sainte Face – Manoppello – Archidiocése de Chieti-Vasto
En temps de Coronavirus
Prière pour invoquer la libération du mal
Seigneur Jésus, Sauveur du monde,
espérance qui ne déçoit jamais,
aie pitié de nous et libère-nous de tout mal!
Nous te prions de vaincre le fléau
de ce virus qui se propage,
de guérir les malades,
de préserver les personnes en bonne santé
et de soutenir ceux qui travaillent pour la santé de tous.
Montre-nous Ton Visage de miséricorde
et sauve-nous dans Ton grand amour.
Nous te le demandons, par l’intercession
de la Vierge Marie, Ta Mère et notre Mère,
qui nous accompagne avec fidélité.
Toi qui vis et règnes
pour les siècles des siècles.
Amen.
+ Bruno Forte
Arzobispo de Chieti-Vasto
Santo Rostro – Manoppello – Archidiócesis de Chieti-Vasto
En tiempo de Coronavirus
Oración para invocar la liberación de los males
Señor Jesús, Salvador del mundo,
esperanza que nunca nos decepcionará,
¡ten piedad de nosotros y libéranos de todo mal!
Te rogamos superar el flagelo
de este virus, que se está extendiendo,
curar a los enfermos, preservar a los sanos,
apoyar a los que trabajan por la salud de todos.
Muéstranos Tu Rostro de Misericordia
y sálvanos en Tu gran amor.
Te pedimos por la intercesión de María,
Madre Tuya y nuestra,
que nos acompaña fielmente.
Tú que vives y reinas
a través de los siglos.
Amén.
+ Bruno Forte
Arcebispo de Chieti-Vasto
Santo Rosto – Manoppello – Archidiócese de Chieti-Vasto
Na época do coronavírus
Oração para invocar a libertação dos males
Senhor Jesus,
Salvador do mundo,
esperança que não decepciona jamais,
tem piedade de nόs e livra-nos de todo mal!
Te pedimos de vencer o flagelo
deste vírus, que se difunde,
de curar os infermos, de preservas os sãos,
de sustentar os que trabalham pela saúde de todos.
Mostra-nos o Teu Rosto de misericόrdia
e salva-nos no Teu grande amor.
Isto Te pedimos por intercessão
de Maria, Tua mãe e nossa,
que nos acompanha com fidelidade.
Tu, que vives e reinais
pelos séculos dos séculos,
Amem.
+ Bruno Forte
Erzbischof von Chieti-Vasto
Heiliges Gesicht – Manoppello – Erzdiözese Chieti-Vasto
In der Zeit des Coronavirus
Gebet für die Befreiung vom Bösen
Herr Jesus, Retter der Welt,
Hoffnung, die uns nie enttäuschen wird,
erbarme dich unser und befreie uns von allem Bösen!
Wir bitten Dich: überwinde die Geißel
dieses Virus, das sich ausbreitet,
Kranke heile, Gesunde bewahre,
diejenigen unterstütze, die für die Gesundheit aller arbeiten.
Zeige uns Dein Gesicht der Barmherzigkeit
und rette uns in deiner großen Liebe.
Wir bitten Dich durch Fürsprache
von Maria, deiner und unserer Mutter,
die uns treu begleitet.
Du, der du lebst und regierst
von Ewigkeit zu Ewigkeit.
Amen!
+ Bruno Forte
Arhiepiscopul Chieti-Vasto
Fața Sfânta – Manoppello – Arhiepiscopia Chieti-Vasto
Pe timp de Coronavirus
Rugăciune pentru a invoca eliberarea de rele
Doamne Isuse,
Mântuitorul lumii,
speranţa că nu ne vei dezamăgi niciodată,
ai milă de noi şi eliberează-ne de tot răul!
Te rugăm să învingi
flagelul acestui virus,
care se tot răspandeşte,
să-i vindeci pe cei bolnavi, să ai grijă de cei sănătoşi,
şi să-i sprijini pe cei care lucrează pentru sănătatea tuturor.
Arată-ne faţa ta milostivă
Şi salvează-ne prin marea Ta iubire.
Cerem toate acestea prin mijlocirea fecioarei Maria,
Mama ta şi a noastră,
care ne însoţeşte cu fidelitate.
Tu care vietuieşti şi domneşti în toţi vecii vecilor.
Amin.
+ Bruno Forte
Arcybiskup Chieti-Vasto
Święta Twarz – Manoppello – Archidiecezja Chieti-Vasto
Modlitwa o uwolnienie od nieszczęść
w czasie Coronawirusa
Panie Jezu, Zbawicielu świata,
nadziejo, która nas nigdy nie zawiedzie,
zmiłuj się nad nami i wyzwól nas od wszelkiego zła!
Prosimy Ciebie o przezwyciężenie plagi
upowszechniającego się wirusa,
uzdrowienie chorych, ocalenie zdrowych,
wsparcie dla tego, kto działa dla zdrowia wszystkich.
Okaż nam Twoje miłosierne Oblicze
i wybaw nas w ogromie Twej miłości.
Błagamy Ciebie o to za wstawiennictwem Maryi,
Twojej i naszej Matki,
która nam wiernie towarzyszy.
Który żyjesz i królujesz
na wieki wieków.
Amen.
+ Bruno Forte
Archbishop of Chieti-Vasto
2020
OMNIS TERRA – SANTUARIO VOLTO SANTO MANOPPELLO, Mons. Americo Ciani

OMNIS TERRA – SANTUARIO VOLTO SANTO MANOPPELLO
15 Gennaio 2017
Mons. Americo Ciani, canonico della basilica di San Pietro in Vaticano.
Facciamo memoria dell’antichissima processione che volle il grande Pontefice Innocenzo III nel 1208, quando fece portare per la prima volta il Santo Sudario di Cristo dalla Basilica di San Pietro alla Chiesa di Santo Spirito in Sassia. Segnò l’anticipo degli Anni Santi, il primo voluto dal Papa Bonifacio VIII nel 1300. In quella memorabile occasione i numerosi fedeli potettero contemplare il Volto Santo impresso sul mandylion della Santa Veronica. La Santa Reliquia, custodita nella Patriarcale Basilica di San Pietro in Vaticano, scomparve nel 1527 con il Sacco di Roma.
Abbiamo ripetuto la stessa solenne processione con il Volto Santo, qui custodito a Manoppello, dalla Basilica di San Pietro in Vaticano fino alla Chiesa di Santo Spirito in Sassia, nel gennaio 2016, ove celebrammo la Santa Messa, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Georg Genswein e una seconda dall’Arcivescovo Mons. Edmund Farhat, da pochi giorni ci ha lasciato per il ritorno alla Casa del Padre.
Eccoci qui raccolti a contemplare il Volto di Dio, fattosi uomo nel Suo Figlio Gesù. Questa preziosa reliquia “il Volto umano di Dio” che dal 1636 è gelosamente custodita qui a Manoppello e venerata dal Papa Benedetto XVI il 1° settembre 2006, dopo ben 479 anni, egli si inginocchiò davanti a quello che era stato il tesoro più prezioso dei Papi. La Bolla di indizione del Giubileo straordinario, la “Misericordiae Vultus” inizia richiamando il Volto di Cristo: “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi”.
Dal primo capitolo del Vangelo di S. Giovanni: ” Nessuno ha mai visto Dio, il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Egli lo ha fatto conoscere”.
Sul volto di Cristo risplende la maestà di Dio, che a sua volta Dio si è mostrato sotto forma di un uomo.
Fissiamo, allora il nostro sguardo sul Volto del Figlio di Dio, fatto uomo.
L’immagine appartiene alla nostra quotidianità. Siamo immersi nella civiltà delle immagini, in privato e in pubblico, TV, cellulari, iPad, cinema, cineprese, macchine fotografiche ecc.
Con quanta cura esponiamo le foto delle persone care! Entriamo nelle stanze dei ragazzi, le pareti sono una esposizione di immagini di leaders, del mondo della moda, dello sport, dei cantanti ecc… Avanziamo silenziosi nei cimiteri, quante immagini a ricordo di persone care! La lista sarebbe troppo lunga, e non è il caso di dilungarci.
L’immagine più che la parola parla, infatti la parola passa ma l’immagine resta. La Chiesa oltre al linguaggio dello spazio, del gesto, della parola, del canto, ha utilizzato l’immagine, fin dall’inizio ha fatto tesoro delle immagini per comunicare, per evangelizzare, è ” la Biblia pauperum”.
La parola passa, l’immagine resta e può essere ammirata, contemplata da ciascuno e in momenti diversi. Parola e immagine dialogano nella Chiesa.
Siamo qui raccolti a contemplare questa Immagine, II Santo Volto, è il Volto di Dio morto e risorto, Gesù Cristo, Figlio di Dio, Lui stesso Dio.
La Sacra Bibbia, specialmente nei Salmi tocca il tema a noi, oggi, tanto caro: “II Volto di Dio”, la ricerca del Volto di Dio, il desiderio di vedere il Volto di Dio, e l’invocazione a vedere il Volto di Dio.
Dal salmo 126: Fiducia in Dio nei pericoli: “// mio cuore ripete i/ tuo invito: Cercate il mio volto! II tuo volto, Signore, io cerco. Signore, non nascondermi il tuo volto”.
Salmo 31,17: “Fa splendere il tuo volto sul tuo servo, salvami per la tua misericordia”
Salmo 88,15: “Perché, Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo volto?”.
Salmo 102,3: “Non nascondermi il tuo volto, nel giorno della mia angoscia piega verso di me l’orecchio. Quando ti invoco, presto, Signore, rispondimi”.
Salmo 105,34: “Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto”.
Salmo 119,135: “Fa splendere il volto sul tuo servo e insegnami i tuoi comandamenti”.
Noi viviamo in una società che ha smarrito il volto di Dio!
II problema, oggi che ci tormenta, è proprio la paura e il terrore!
Miei cari ci consoli questa sublime verità: “I! Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?”. II Salmo ci invita ad una speranza salda: “Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi i! tuo cuore e spera nel Signore”.
Noi tutti, piccoli e grandi, abbiamo bisogno di esorcizzare la paura, di allontanarla, di riuscire a controllarla e a vincerla.
Il Volto di Dio si è manifestato nel Volto di Suo Figlio Gesù Cristo, nato da Maria di Nazareth. Dio si è fatto uno di noi, è passato facendo del bene, ha donato sé stesso per noi e per i nostri peccati, e per fare di noi il suo popolo.
Sia vivo il nostro desiderio di vedere Gesù, come quei pagani che chiesero all’Apostolo Filippo: “Vogliamo vedere Gesù” e come Zaccheo, il pubblicano che ” voleva vedere chi era Gesù”, si arrampicò sull’albero, perché era piccolo di statura, proprio per vedere chi era Gesù. Gesù passò, alzò gli occhi e lo chiamò per nome: Zaccheo scendi, oggi sarò a casa tua. E da quell’incontro il miracolo della conversione di Zaccheo.
La nostra preghiera costante e l’impegno: “Voglio vedere il Tuo Volto”
La storia non è bloccata in un vicolo cieco, chiuso alla speranza. La nostra società è smarrita, soffre di incubi, perché ha smarrito “il Volto di Dio”. Non percepisce i passi di Dio nella storia.
Dio Padre ha mandato il Suo Figlio Gesù tra noi. Egli è la giovinezza e la freschezza della storia. Gesù è il Figlio di Dio, del Dio che è la gioia della nostra giovinezza. Da oltre duemila anni Dio mostra il Suo volto al mondo con l’Incarnazione di Suo Figlio, Gesù, dalla cui bellezza e ricchezza scaturisce per noi tutta la sicurezza, soprattutto per quanti di noi hanno bisogno di sicurezza: i poveri, i piccoli, gli oppressi, gli “ultimi”; perché Lui “giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi. Cosi l’umanità, avvolta dalla presenza di Cristo, può respirare a pieni polmoni.
A giudicare da come vanno le cose, oggi, vien da pensare che Cristo è piuttosto un sogno. Cristo ci rinnova e ci fa veri. Abbiamo bisogno di purezza e di purificazione. Gesù è venuto per accoglierci, per mettersi a nostra disposizione. Viene Gesù in noi e noi respiriamo libertà.
In Gesù sappiamo da dove veniamo, chi siamo, e dove siamo diretti: noi che lo possiamo accogliere, noi che lo abbiamo accolto, abbiamo il potere di diventare figli di Dio, siamo ” razza nuova’, creati da Dio e da Lui rigenerati in Cristo Signore, Sapienza dell’Altissimo, Parola di Dio, è “la Luce vera, quella che illumina ogni uomo”. È la Sapienza di Dio che si fa amore e l’amore si fa luce. Ecco la tragedia di ieri e di oggi: “…venne nel mondo ma il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua genie ma i suoi non lo hanno accolto”.
È la nostra lotta continua; è il groviglio nel quale ci troviamo ancora imbrogliati (‘fino a quando, Signore? Quando tornerai a liberarci definitivamente? Ripetiamo con fede: ” Vieni, Signore, non tardare oltre”. Oggi ci aggrappiamo a Gesù e domani gli sfuggiamo.
Abbiamo bisogno di entrare nel più vivo del mistero di Cristo.
Noi tutti, fragili e peccatori, possiamo tirare un bel respiro, liberante respiro, e magari un grido di libertà e di speranza. Schiavi del peccato, possiamo ribellarci al peccato: possiamo sconfiggerlo, giacché Gesù è venuto e rimarrà sempre con noi, Egli che “apre gli occhi ai ciechi, fa uscire dal carcere i prigionieri e dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”.
Quindi la santità è possibile, anche per coloro che dovessero risalire dal fondo, perché Gesù è venuto per ” beneficare e risanare tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo”. Già, stavamo sotto il potere del diavolo, ora non più; le catene si sono spezzate ai nostri piedi e possiamo camminare verso l’Alto.
Si riaccenda in noi la speranza, “Dio presto tornerà a mostrare il suo volto al mondo e a scuoterne le fondamenta con la sua voce onnipotente!”
Come l’Apostolo Giovanni che entrò nel Sepolcro dopo la Risurrezione, “vide e credette”, così avvenga per ciascuno di noi, oggi, vediamo e contempliamo il Volto di Dio e crediamo fermamente.
Padre Santo, accogli con benevolenza le nostre preghiere e guidaci alla ricerca del Tuo Volto, che hai rivelato in pienezza in Gesù, Tuo Figlio.
O Signore, fa brillare il Tuo Volto su di noi perché possiamo godere dei tuoi beni nella pace, siamo protetti dalla tua mano potente, liberati da ogni peccato con la forza del tuo braccio eccelso, e salvati da coloro che ci odiano ingiustamente.
Dona la concordia e la pace a noi e a tutti gli abitanti della terra, come le hai date ai nostri padri, quando ti invocavano piamente nella fede e nella verità tu solo, o Signore, puoi concederci questi benefici.
2020
Omelia dell’arcivescovo Edmond H. Farhat

Chiesa Santo Spirito in Sassia a Roma
17 gennaio 2016 –
Omelia dell’arcivescovo Edmond H. Farhat, nunzio apostolico emerito in Austria e Canonico di San Pietro
Abbiamo accompagnato con inni e canti, invocazioni e ringraziamenti, l’icona del santo Volto di Manoppello per venerarlo e, attraverso di esso, lodare il Signore Gesù Cristo per le sue meraviglie. È stata celebrata la santa Messa. Il popolo di Dio ha pregato, i sacerdoti e i ministri hanno offerto preghiere, suppliche e azioni di grazie.
Il Volto di Cristo, impresso sul velo di Veronica, conservatosi nel sudario di Manoppello, veneriamo in noi il Signore Dio di misericordia, salvatore del mondo.
Oggi fratelli e sorelle, proprio adesso, torniamo al tempio dello Santo Spirito per venerare il sacro volto e ciò che significa. Celebriamo l’Eucarestia, la santa liturgia, confessiamo i nostri peccati e annunciamo la buona novella.
La buona novella di oggi è l’invito alle nozze, alle nozze di Cana. Gesù era invitato, invitato da sua madre perché gli ospiti erano amici della mamma. Lei ha invitato suo figlio, a un certo punto ha detto: “Non hanno vino”. “La mia ora” rispose il figlio “non è ancora giunta. Fate quello che vi dirò” disse a mamma. Gesù obbediente a sua madre, ha salvato la faccia allo sposo e alla sua famiglia.
Era bella la festa e grande la gioia. Hanno bevuto e cantato. La festa si è trasformata in un’occasione unica. Fu l’occasione del primo segno della sua manifestazione, della manifestazione della sua divinità. Fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù perché i suoi credono in lui. Anzi, è il primo segno che rivela la sua personalità. È venuto perché abbiano la vita, e la abbiano in abbondanza. A Cana Gesù ha manifestato la sua autorità. “Riempite le anfore” e le riempirono. Cana fu in assoluto il primo segno dell’autorità divina di Gesù, quest’autorità che andrà sviluppandosi durante la sua missione fino a trasparire nella passione e una vera icona, viva, nelle mani di Veronica.
Cana fu il primo segno visibile della divinità di Gesù. È un segno provocante adesso, l’icona di Manoppello che è un segno definitivo. Cana fu il primo, e il volto del sudario è un segno definitivo. È un segno provocante e insignificante, discreto e silenzioso ma quanto mai eloquente, sempre vecchio e sempre nuovo. Discusso e venerato, guarda esso con i suoi occhi, accompagna, segue e guida lo sguardo, è un segno concreto ma non è fatto da un altro uomo, è creato ma nessuno conosce la sua origine, la sua formazione.
Non è un oggetto d’altri tempi, è l’icona dell’eterno volto, volto di bontà e di amicizia, di misericordia e di pace. Volto che parla, che interroga, che chiede, che aspetta risposta. Sembra dire: “Guardatemi, voi che siete stanchi. Venite con me e troverete riposo.” Non hanno visto, non devono subire umiliazioni, gli uomini del nostro tempo. Come non dovevano subire umiliazioni gli amici di Maria a Cana. Doveva fare un gesto.
Non hanno fede gli uomini del nostro tempo ma, come alle nozze di Cana: “Usate loro misericordia” dice Maria “E contemplate il suo volto lasciato in eredità a voi.” E noi contempliamo il volto di Gesù. Esso ci parla e ci fa segno, è buono, è misericordioso, perciò noi l’abbiamo portato da Manoppello fino a qui, perché la sua espressione irradi più largamente bontà e misericordia in questo anno di grazia nel quale Dio si rivela con il nome di misericordia, come ci insegna il Santo Padre Francesco. Perciò noi lo esponiamo nella chiesa dello Spirito Santo perché lo Spirito parla al cuore, suggerisce propositi di saggezza e di speranza. Perciò noi lo mettiamo nella chiesa custodita da Santa Faustina perché lei ha saputo percepire le dimensioni del suo volto.
Ci sono momenti nei quali, in modo ancora più forte, siamo chiamati a tener fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare inserto efficace dell’agire del Padre, dice Papa Francesco nella sua esortazione.
Questo, fratelli e sorelle carissimi, è un momento privilegiato. Fissiamo noi lo sguardo sul sacro volto e saremo trasfigurati dalla misericordia di Dio. Il segno non è un fine a sé stesso, il segno è un indice sulla via del ritorno, il ritorno al Padre. Il sudario ricorda il volto di Cristo, Cristo è Gesù che ha trasformato l’acqua in vino per partecipare alla gioia dei suoi amici e parenti. La trasformazione richiede un cambiamento. La nostra trasformazione e la nostra conversione da inutili spettatori a collaboratori dell’opera di Gesù e Maria, lei che conservava tutte le cose in cuor suo. E nessuno come lei conosce il figlio e Signore, lei ci guidi in questo cammino all’incontro del suo figlio, attraverso il suo volto che possiamo fisicamente contemplare.
Ieri l’abbiamo portato e venerato per ringraziare di tanti benefici, oggi lo salutiamo e lo veneriamo chiedendo di accompagnarci nel nostro nuovo cammino, cammino verso le nozze dell’agnello pieno di grazia e di misericordia.
Teniamo impressa nella nostra mente e nel nostro cuore la sua immagine che ci parla e ci interroga. È l’immagine del verbo incarnato perché abbiamo la vita. Ci accompagni nella nostra strada perché ci ricordiamo sempre che Dio è misericordia. La sua misericordia ci accompagna. Ci ricordiamo che il popolo di Dio, salendo da Gerusalemme, nell’Antico Testamento ripeteva sempre nei suoi pellegrinaggi: “Dio è buono, ci ha dato bontà, ci ha dato fede perché è eterna la sua misericordia, perché è eterna la sua misericordia.”
Noi da questa città eterna, città di santi, di Faustina, città di Giovanni Paolo II, di Paolo VI, di Giovanni XXIII, dei pontefici e dei santi volgiamo il nostro pensiero alla Gerusalemme di Gesù, alla Gerusalemme di Maria e chiediamo pace per Gerusalemme, pace a tutti i popoli della Palestina e di Gerusalemme, del Medio Oriente e del Mediterraneo. C’è posto per tutti, la misericordia non ha limiti. Eterna è la misericordia di Dio, perché è buono, è grande, il suo volto ci guidi, ci accompagni e non saremo perduti.
L’appello finale è stato ripetuto anche in lingua ebraica e araba.
2020
Omelia, Solenne Celebrazione Eucaristica, Luis Antonio G. Cardinal Tagle

Omelia, Solenne Celebrazione Eucaristica
Basilica del Santo Volto, Manoppello 21 Maggio, 2017
+ Luis Antonio G. Cardinal Tagle
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Ringraziamo il nostro Dio, sempre colmo d’amore e di benevolenza verso di noi, per averci riuniti, come una famiglia, nella fede, in questa solenne celebrazione del Volto Santo di Manoppello.
Vi porto i calorosi saluti e auguri di pace dalle Filippine, dove la devozione al Santo Volto è viva, vibrante e largamente diffusa.
Oggi, sesta domenica di Pasqua, è per me una grande gioia celebrare questa Eucaristia con voi.
Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”. Queste parole si realizzano, si compiono ora, in questa nostra assemblea, nel nostro ascolto. Noi vediamo il volto di Gesù ora. Noi possiamo vederlo perché Egli è vivo ed è in mezzo a noi adesso. Noi, vedendo il suo volto, non moriamo contrariamente a quanto pensava l’antico popolo che vedere il volto di Dio avrebbe significato la loro morte. Al contrario, noi vedendo il volto santo di Gesù ne traiamo quella vita ed energia che provengono da Lui. Questa è una grande benedizione concessa a noi, ora. Questo ci fa pregustare la vita eterna, dove speriamo di vedere il volto di Dio in eterna contemplazione e adorazione. Nel vedere Gesù, noi viviamo! Vedendo Gesù, noi viviamo!
Come sarebbe stato mai possibile per noi vedere Gesù? Come peccatori, non abbiamo né diritto né merito vedere il suo volto. Ma noi lo vediamo e viviamo! Come può accadere? La risposta ci viene da Gesù che nel Vangelo di oggi dice: “Chi ama me, sarà amato dal Padre mio, e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Parlando in maniera strettamente corretta, noi non vediamo il volto di Gesù. È più preciso dire che Egli ci rivela il suo volto. Egli, infatti, ci mostra il suo volto, e così lo vediamo. Questa è pura grazia. Questo è amore puro e totale da parte di Gesù. Egli manifesta il suo volto, il suo vero sé, per nessun altro motivo, ma unicamente per l’amore che Egli ha per noi. Permettetemi di condividere con voi tre punti utili per la riflessione.
Primo, quando Gesù ci mostra il suo volto, non guarda al suo proprio volto. Guarda noi. Questo è vero anche nella nostra esperienza quotidiana: quando mostriamo il nostro volto ad altre persone, noi guardiamo a loro, non a noi stessi. Questo è amore: nel mostrare il mio volto sto diventando qualcuno che vede gli altri, che sente gli altri, che capisce gli altri, che intuisce gli altri. Mostrare il proprio volto vuol dire che trascorro meno tempo nel guardare il mio volto, le mie esigenze, i miei bisogni, il mio conforto o benessere, i miei interessi e invece dedico più tempo a guardare il volto degli altri, di quelli che soffrono. Questo è l’amore che il Volto Santo di Gesù ci rivela. Egli è interessato di noi, Egli è per noi, guarda a noi più di sé stesso. I devoti del Volto Santo devono essere come lui. Ė il nostro sguardo diretto solo a noi stessi, al nostro gruppo più immediato, a coloro che ci sono vicini, o stiamo imparando da Gesù a penetrare i cuori degli altri con uno sguardo colmo d’amore?
In secondo luogo, il volto di Gesù, un volto amorevole e diretto verso gli altri è anche un volto che parla e parla molto. Anche quando le nostre labbra non pronunciano parole “udibili”, il nostro volto pronunzia parole “visibili”. Egli ha detto nel Vangelo: “Se tu mi ami, osserverai i miei comandamenti”. Il suo volto non è solo visto ma anche sentito. Il volto di Gesù è il volto umano della Parola di Dio, ora sentita e vista soprattutto nei suoi comandamenti. Nel nostro tempo, la gente vede le regole come qualcosa di negativo. Ma i comandamenti del Signore non sono pesi che rendono la vita più difficile, non sono strumenti che distruggono la nostra libertà, non meccanismi di condanna delle nostre deboli e fragili persone. I suoi comandamenti sono percorsi di pace, di libertà e di perdono. Nel volto di Gesù vediamo la persona che ha adempiuto il comandamento dell’amare Dio soprattutto e il prossimo come se stessi. I suoi comandamenti sono visibili in Lui che ci ha detto: “Venite a me … Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero “(Matteo 11: 28-30). I devoti del Santo Volto sono chiamati ad ascoltare attentamente Gesù, che è la parola visibile della pace, della libertà, del perdono e dell’amore.
Infine, quello che abbiamo visto e sentito, dobbiamo condividerlo con gli altri. Nella prima lettura, Filippo proclama a Samaria il Gesù che ha visto e sentito. La sua predicazione era accompagnata da segni visibili di guarigione e liberazione. Il volto di Gesù è stato visto e ascoltato nella testimonianza di Filippo. Nella seconda lettura, Pietro dice a coloro che venivano sottoposti a processi e persecuzioni di essere pronti a dare una spiegazione a chiunque chiede le ragioni della speranza che è in loro. La risposta è semplice: Gesù! Lui è la nostra sicura speranza. Il suo amore per noi e il trionfo sulla morte sono la ragione della nostra speranza. Ma Pietro ci ricorda di proclamare la nostra speranza con gentilezza e rispetto, con pura e chiara coscienza e integrità di vita, pronti a soffrire nel fare il bene piuttosto che nel fare il male. In altre parole, noi proclamiamo meglio Gesù se gli altri vedono e sentono Gesù in noi.
Noi vediamo il volto di Gesù perché Egli ci rivela la Sua faccia, la faccia del Dio-Amore. Il suo è il volto di Dio rivolto a noi e non centrato su sé stesso. Il suo è il volto di Colui che ha adempiuto il comandamento dell’amore. Nel vedere e sentire il Suo volto, possano i nostri volti essere trasformati nel Suo Santo Volto. Attraverso la testimonianza dei nostri volti, possano le persone sofferenti del mondo conoscere che Gesù li vede, li ascolta, si preoccupa di loro, si prende cura di loro e li ama. Amen.
2020
Omelia dell’arcivescovo George Gänswein

Chiesa Santo Spirito in Sassia a Roma
16 gennaio 2016 –
Omelia dell’arcivescovo George Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia
Care sorelle e cari fratelli!
La domenica di oggi è detta Omnis terra, secondo le parole del Salmo 65 che abbiamo ascoltato all’inizio della Santa Messa: “Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi!” (“A te acclami tutta la terra, a te canti inni, o Dio”). Questa domenica era detta così anche ottocento anni fa; e anche allora, come oggi, in tutte le chiese cattoliche veniva proclamato il Vangelo delle nozze di Cana. Da allora sono tramontati imperi, spazzati via come foglie d’autunno; la Chiesa ha visto susseguirsi novantadue papi; violente rivoluzioni e guerre hanno scosso 1’Europa; divisioni fatali hanno lacerato la cristianità. Per cui sembra quasi un miracolo la tranquillità con la quale, nella liturgia di questa domenica, cantiamo oggi come allora: Lodate il Signore, popoli tutti!
In questa lode oggi facciamo però memoria anche del fatto che qui 808 anni fa, per la prima volta, papa Innocenzo III fece portare in processione il Santo Sudario di Cristo da S. Pietro a S. Spirito. Si trattava di quel velo santo che ci mostra “il volto umano di Dio”, del quale papa Benedetto XVI non si mai 6 stancato di parlare; ovvero “il volto vivo della misericordia del Padre” al quale papa Francesco ha dedicato quest’Anno giubilare.
E già allora, nel gennaio dell’anno 1208, quel volto divino di Dio qui, in questa chiesa, fu collegato alla concreta misericordia degli uomini; questa chiesa che poi, nel 1994, san Giovanni Paolo II dedicò alla “Divina misericordia”, in onore di santa Faustina Kowalska, le cui reliquie noi qui veneriamo. II Papa polacco era anche un veggente e una volta di più lo sperimentiamo qui oggi.
Infatti, 808 anni fa, in quella primissima processione, papa Innocenzo III stabilì che 1’immagine santa non venisse portata ai nobili di Roma, ma ai pellegrini malati e ai poveri della città, la cui dimora più importante già allora era quest’ospedale di Santo Spirito. E dispose anche che l’elemosiniere pontificio, attingendo all’Obolo di San Pietro, elargisse tre denari a ognuno dei trecento malati e ai mille poveri invitati ad assistere alla cerimonia e accorsi da tutta la città: un denaro per il pane, uno per il vino e il terzo per la carne. Egli inoltre legò consistenti indulgenze alla visita della “vera immagine” e alla partecipazione alla relativa processione.
Di fatto si trattava di un’anticipazione degli Anni Santi che solo più tardi, nel 1300, vennero introdotti a Roma da Bonifacio VIII. Tutto questo iniziò proprio qui!
Da allora le processioni e le ostensioni del Santo velo sino all’età moderna non hanno mai avuto termine. Senza numero furono ben presto i pellegrini che vollero contemplare a Roma il volto di Dio. In seguito, fu in una di queste processioni che Dante imparò a conoscere il volto di Dio. È il volto davanti al quale finisce “l’escursione cosmica” della sua Divina Commedia, come disse Papa Benedetto XVI dieci anni fa, quando presentò la sua enciclica Deus caritas est. È il volto dell’amore, “che move il sole e l’altre stelle”, come Dante ha scritto nel passo più noto della letteratura italiana.
È l’amore di Dio che gioisce per noi come “lo sposo per la sposa”, come abbiamo appena ascoltato nelle parole tratte dal profeta Isaia; ed è la forza dello Spirito Santo dei cui diversi doni appena prima san Paolo ci ha nuovamente resi edotti in questa chiesa di S. Spirito. E tuttavia, in nessun altro luogo questo Spirito parla più chiaramente e con più evidenza come nel muto volto di Cristo, di fronte al quale oggi qui ci siamo raccolti.
Perché “questa è la vocazione e la gioia di ogni battezzato: portare e donare agli altri Gesù”, come ha detto papa Francesco il 3 gennaio scorso. Ma questo è proprio ciò di cui oggi ci è dato divenire testimoni, nel momento in cui i valorosi frati cappuccini di Manoppello qui ci “portano e donano Gesù”, nel cui volto Dio stesso mostra il suo volto.
In conclusione vorrei aggiungere giusto una cosa sul Vangelo delle nozze di Cana, sul quale tante cose istruttive sono state già dette: chi, infatti, può ancora meravigliarsi che Gesù abbia fatto il suo primo miracolo pubblico proprio a favore del matrimonio e della famiglia che oggi sono così in pericolo da avere papa Francesco dedicato all’uno e all’altra due specifici sinodi! Anzi, nel tempo di Natale nel quale ancora siamo, possiamo intendere al meglio quel primo miracolo come un necessario ampliamento del mistero dell’incarnazione di Dio. Che, cioè, è solo all’interno di una famiglia che diveniamo uomini! Con una madre e un padre e — se siamo fortunati — con dei fratelli e delle sorelle. Per questo gli artisti cristiani hanno sempre ritratto il volto di Gesù rifacendosi a quello di sua madre, e viceversa. Perché se Dio è il padre di Gesù, il suo volto deve e può assomigliare solo a quello di lei. Ed è proprio quest’antichissimo volto che oggi in modo quasi miracoloso è ritornato a S. Spirito in Sassia, dove sembra essere pressoché identico al volto della Divina misericordia che è qui venerato da più di due decenni.
Si tratta di una copia di quell’antico originale che papa Innocenzo III mostrava ai pellegrini e che da quattrocento anni è custodito in Abruzzo, sull’Adriatico, in una zona periferica dell’Italia, da dove oggi per la prima volta è stato riportato nel luogo in cui ebbe inizio il suo culto pubblico. Da qui, innumerevoli copie hanno portato in tutto il mondo il vero volto di Dio che i cristiani conoscevano. E sta proprio qui il senso più profondo di questo momento. Prima di giungere a Roma, il Santo velo era stato custodito a Costantinopoli, in precedenza a Edessa e ancor prima a Gerusalemme. Non è possibile, infatti, che quel volto sia proprietà, sia tesoro di un singolo, nemmeno del papa. Esso è il segno distintivo dei cristiani. Solo non sappiamo che volto ha Dio — come e chi egli sia. Per questo, il volto di Cristo è il primo, il più nobile e più prezioso tesoro dell’intera cristianità, di più: di tutta la terra. Omnis terra! A questo volto dovremo sempre di nuovo aprirci. Sempre come pellegrini; sempre verso la periferia; e sempre avendo davanti agli occhi un solo obbiettivo: quel momento in cui saremo faccia a faccia di fronte a lui. Amen.
2020
IN GESÙ CRISTO, DIO HA RIVELATO IL SUO NOME E IL SUO VOLTO

Una persona con un nome e con un volto
Se si vuole conoscere una persona e soprattutto il suo mistero, è consigliabile conoscere il suo nome. Già un proverbio lo suggerisce: “Nomen est omen”. E ci fa capire che i nomi svolgono un ruolo importante nella vita di noi umani. Ancor prima che una persona nasca, i genitori pensano al nome che vogliono dare al neonato e alle prospettive di vita ad esso associate. Il nome ricevuto accompagna la persona per tutta la vita. La persona è chiamata con il suo nome, può essere identificata con il suo nome e deve firmare con il suo nome. Soprattutto, il nome permette alla persona di essere chiamata. Quando chiamiamo una persona con il suo nome, allacciamo una relazione personale con colui o colei che nominiamo. Il grande significato che riveste il nome nella vita di un individuo dimostra che il nome esprime l’essenza di una persona.
Naturalmente, con il solo nome non possiamo ancora conoscere a fondo il mistero di una persona. Il nome da solo rimane in qualche modo astratto, sospeso nell’aria, se non può essere associato a un volto preciso. “Nomen est omen”: questo detto inizia a parlare solo quando si incontra il volto che porta il nome. Ognuno ha un volto inconfondibile che esprime la sua originalità nel miglior senso della parola. Come un individuo può essere chiamato con il suo nome, così può essere visto con il suo volto e può instaurare una relazione molto personale con un altro individuo che gli mostra il proprio volto, in modo che sorga una vera comunicazione “faccia a faccia”.
Nome e volto fanno di un individuo una persona concreta. Il nome è una parola di relazione e mette in luce il fatto che una persona, sulla base del suo nome, può essere chiamata e può rivolgersi ad altre persone. Grazie al suo volto, può essere da altri guardata e può guardare altri e, quindi, trasmettere loro l´immagine già suggerita dalla lingua. Non è un caso che la parola ebraica che indica il volto, “paním”, sia stata tradotta con “prosopon” in greco e con “persona” in latino. Una persona, infatti, è caratterizzata dal fatto di avere un nome e un volto.
Se teniamo conto di questi legami e se consideriamo anche che il riconoscimento del mistero dell’essere umano come persona è stato possibile, nella storia, grazie allo sforzo cristiano di comprendere Dio come Trinità, allora ci avvicineremo anche al mistero più intimo della fede cristiana: la novità della rivelazione cristiana non consiste in una nuova idea religiosa o in una nuova decisione etica, ma in una persona. Nessuno è una persona più di quanto lo è Dio stesso, e noi esseri umani diventiamo sempre più persone man mano che approfondiamo la nostra relazione personale con lui e crediamo nella persona in cui Dio si è fatto da noi riconoscere in maniera definitiva, rivelandoci il suo nome e mostrandoci il suo volto, vale adire suo Figlio. Gesù Cristo ha reso il nome di Dio accessibile, ed è egli stesso il volto di Dio che a noi si rivolge.
Gesù Cristo come nome e volto di Dio
“Padre, ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo” (Gv 17, 6a). Con questa confessione nella sua preghiera sacerdotale, Gesù indica il fulcro della sua missione divina nel nostro mondo. Egli naturalmente presuppone che anche Dio, che chiama Padre e con il quale si trova faccia a faccia, abbia un nome. Che Dio abbia un nome è il fatto più evidente nell’immagine biblica di Dio. Il nome di Dio è certamente un’espressione del riconoscimento della natura di Dio, ma, innanzitutto, rende possibile chiamare Dio nella sua essenza. Come noi umani siamo chiamati con il nostro nome, così anche noi credenti possiamo invocare il nome di Dio.
Secondo la Scrittura, non siamo noi uomini a dare un nome a Dio, costringendolo così alla possibilità di essere chiamato. Piuttosto, Dio può essere chiamato solo perché si lascia chiamare; e il suo nome è noto a noi uomini solo perché Dio stesso ce lo ha fatto conoscere. La relazione personale tra noi e Dio, resa possibile dal suo nome, è quindi stabilita non da noi uomini, ma solo da Dio. Il nome di Dio è l’espressione del fatto biblico fondamentale che Dio si dà un nome e si rivela, così come Gesù riassume la sua missione nella rivelazione del nome di Dio che egli fa a noi uomini. Altrove, Gesù formula la sua preoccupazione principale e il suo obiettivo nella vita con la preghiera rivolta al Padre: “Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12, 28). Gesù si identifica così come il nuovo Mosè, colui che adempie la missione del primo Mosè, vale a dire l’annuncio del nome di Dio “Yahweh”, in un modo ancora più profondo.
Come Dio ci ha rivelato il suo nome in suo Figlio Gesù Cristo, così ci ha anche svelato di avere un volto, mostrandocelo nel Figlio, conformemente a quanto Gesù Cristo stesso testimonia: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14, 9). Con questa confessione, Gesù risponde alla richiesta insistente dell’apostolo Filippo di mostrare a lui e ai suoi compagni, gli altri apostoli, il Padre. Filippo esprime il desiderio originario dell’umanità di vedere il volto di Dio e di incontrarlo faccia a faccia. Questa richiesta attraversa già l’Antico Testamento come un filo rosso, come testimonia eloquentemente la preghiera di un perseguitato, nel Salmo 17: “Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine” (Salmo 17,15). Il salmo 24 ricorda che la ricerca del volto di Dio abbraccia tutta la vita: “Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe” (Salmo 24,6).
Il desiderio originario degli uomini, che è stato espresso con particolare incisività nell’Antico Testamento, ha trovato adempimento in Gesù Cristo. Gesù Cristo è il testimone autentico del fatto che Dio, per la fede cristiana, non è un Dio distante e non è neppure una semplice ipotesi filosofica sull’origine del cosmo, ma è un Dio che ci ha mostrato il suo vero volto, che ci ha donato così la sua parola definitiva, e che, con la sua parola d’amore piena e insuperabile, si è rivolto a noi, come ha riassunto in maniera pregnante San Giovanni della Croce riferendosi al fulcro della fede cristiana: “Perché nel donarci, come ci ha dato, il Figlio suo, che è una Parola sua e non ne ha un’altra, ci ha detto tutto ed in una volta sola in questa unica Parola, e non ha più niente da dire.”2 In realtà, non c’è più niente da dire, perché Dio, in Gesù Cristo, si è avvicinato a noi uomini il più possibile, rivelandoci il suo nome e mostrandoci il suo vero volto.
Ricercare per tutta la vita il volto “pieno di sangue e di ferite”
Alla luce dell’estrema serietà della rivelazione di Dio in Suo Figlio, l’ulteriore domanda che ci si presenta è: come appare precisamente il volto di Dio? Giovanni Battista ci fornisce la risposta cruciale nel Vangelo di oggi. Vedendo Gesù venire verso di lui, dice: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo” (Gv 1,19). Dio, in Gesù Cristo, ha il volto di un agnello. Questo volto di Dio deve farci riflettere; esso ci invita a soffermarci davanti a lui.
La prima volta che lo ascoltiamo, questo messaggio può forse sembrarci innocuo e persino un po’ romantico. Ma assume tutta la sua pregnanza se riflettiamo sul fatto che Cristo ha il volto di un agnello e non di un leone o di un lupo. Invece proprio come tale le persone lo aspettavano allora, e noi uomini speriamo ancora oggi che Dio usi il potere di un leone per scardinare il mondo e le sue strutture e per crearne uno nuovo. Ma Cristo non ha il volto di un leone. Piuttosto, sono i re del nostro mondo ad essersi ritratti ripetutamente con questa immagine per celebrare il loro potere in modo dimostrativo. Cristo non ha neppure il volto di una lupa, immagine usata dall’antica Roma per presentarsi come redentrice grazie al suo potere che dettava norme regolatrici. Giovanni Battista ci mostra che la redenzione non viene da animali grandi e potenti, ma dal fatto che Cristo è venuto a noi come un agnello, nella forza del suo amore indifeso.
Ecco il motivo più profondo per cui anche la croce fa parte del mistero di Gesù Cristo, e per cui, nel mondo, il volto di Cristo si presenta sempre anche come una “testa piena di sangue e di ferite”. Essere agnello e croce sono infatti inscindibilmente legati. Cristo è il buon pastore del suo popolo e la piena realizzazione di quella figura del servo al quale il profeta Isaia si riferisce, proprio perché è diventato agnello e si è schierato dalla parte degli agnelli torturati, per condividerne la sofferenza e per salvarli. Gesù ci ha redento offrendo la sua vita per amore. Il fulcro più profondo della missione di Gesù è infatti l’amore; pertanto, la sua missione può compiersi soltanto sulla croce, come testimonia l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).
Quando qui, nel santuario di Manoppello, guardiamo e veneriamo il “Volto Santo”, incontriamo il volto di un agnello indifeso e allo stesso tempo il volto pieno di sangue e di ferite, perché ci viene incontro il volto dell’amore sconfinato di Dio. Siamo invitati a venerare questa immagine e a cercare il volto di Dio, come Papa Benedetto XVI ha raccomandato durante il suo pellegrinaggio personale a Manoppello: “ricercare il volto di Gesù deve essere l’anelito di tutti noi cristiani; siamo infatti noi ‘la generazione’ che in questo tempo cerca il suo volto, il volto del ‘Dio di Giacobbe’”3. Papa Benedetto XVI ha pronunciato queste parole riferendosi al Salmo 105, che dice: “Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto” (Salmo 105,4).
Con la parola “sempre” siamo invitati a fare in modo che la nostra vita di cristiani s’imperni sul desiderio di ricercare in ogni tempo il volto del Signore nell’intimo della nostra esistenza, e sulla certezza che questo desiderio non sfocerà nel nulla, perché la fede cristiana ci trasmette il bellissimo messaggio secondo cui Dio ha un nome meraviglioso e un volto amorevole. Se cerchiamo e veneriamo il suo volto, allora tutta la nostra vita sarà sotto la benedizione di Dio, che consiste nella promessa del suo volto: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Num 6, 24-26). Questo splendore del volto di Dio è la benedizione di cui abbiamo bisogno e che chiediamo nella celebrazione dell’Eucaristia. Nell’Eucaristia, il Signore ci guarda con il suo volto di amore sconfinato e si dona a noi come pane di vita, che è nutrimento spirituale sulla via dell’eternità, in cui loderemo e adoreremo il volto di Dio, senza fine.
Prima lettura: Is 49, 3. 5-6
Seconda lettura: 1 Cor 1,1-3
Vangelo: Gv 1,29-34